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venerdì 30 luglio 2010

PROFIT O NO PROFIT? QUESTO E' IL DILEMMA

Se facciamo un giro su Wikipedia e cerchiamo il significato della voce no profit, si evince che “Una organizzazione non a scopo di lucro (denominazione legale) è una organizzazione che, non avendo scopi di lucro, e non essendo destinata alla realizzazione di profitti, reinveste gli utili interamente per gli scopi organizzativi.” Nella categoria, che ha visto un elevato incremento soprattutto negli ultimi 10-11 anni, rientrano anche le così dette Organizzazioni non Lucrative di utilità sociale (ONLUS), Le Associazioni Non Governative (ONG) e le Cooperative Sociali. L’insieme di questi enti spesso rientra nella denominazione sintetica di Terzo Settore, quasi come ad autorappresentarsi nelle vesti di sana alternativa allo sviluppo economico e sociale, una sorta di terza via ai settori pubblico e Privato, in più, anche “eticamente valida”. Ma è proprio qui che “casca l’asino” …
Esistono organi di controllo istituzionali che garantiscano l’effettiva eticità, trasparenza e utilità sociale tanto paventata da molte associazioni appartenenti al no profit?
Le ricerche statistiche purtroppo hanno cominciato ad analizzare il fenomeno solo negli ultimi anni, considerato che è in particolare negli ultimi dieci anni che c’è stato un aumento a dir poco sorprendente…Difatti in Italia degli 221.412 enti no profit, circa la metà si sono costituite negli ultimi 10 anni (Rapporto Biennale Sul Volontariato, 2005). Di queste, la maggior parte sarebbero associazioni di cui la stragrande maggioranza risulta “inattiva” mentre le più “attive” si dividerebbero tra Fondazioni e Cooperative sociali. Quest’ultime, in particolare rappresentano la quota più consistente sul dato occupazionale ed economico. Assai curioso osservare che il Boom delle Onlus ha iniziato la sua scalata proprio alla fine degli anni ’90 appena un anno e mezzo dopo il D Lgs 460/luglio 97 sulle esenzioni e agevolazioni in materia fiscale delle organizzazioni non lucrative deciso dagli organi istituzionali giuridici proprio in ragione del solitamente elevato contenuto “ etico”degli obiettivi perseguiti…

LAVORARE NEL NO PROFIT

Nel no profit sono impiegati più di 630 mila lavoratori retribuiti di cui 80 mila con contratto di tipo atipico. A queste cifre vanno ad aggiungersi 3,2 milioni di volontari (tra veri e falsi soprattutto nel centro sud). Per quanto riguarda i valori economici risultano più di 38 miliardi di euro di entrate e 35 miliardi di euro di uscite con un avanzo di oltre 2 miliardi di euro, dato niente affatto marginale. (cit. da “Cooperative Noi Ci lavoriamo” http://www.facebook.com/topic.php?uid=89961638164&topic=16519#!/group.php?gid=89961638164).
Visti questi valori non è difficile pensare che il no profit sia in questi anni sostanzialmente cambiato e con esso alcuni dei suoi obiettivi…ma la cosa su cui è forse necessario porre maggiormente l’accento è proprio la presunta “eticità” di tutto il terzo settore anche rispetto alle condizioni di lavoro che offre. Se leggiamo il Documento d’intenti tra CGIL CISL UIL e Forum del Terzo Settore scopriamo che:

In questo contesto non adeguatamente regolato si sono prodotte sia situazioni di uso improprio del volontariato, che aree di lavoro precario e di sotto impiego. In un settore che ha come propria “missione” il benessere delle persone e la promozione sociale, assume invece centralità la questione della tutela e della valorizzazione delle persone che vi lavorano. La maggiore “motivazione” degli operatori delle organizzazioni di terzo settore non può essere una legittima causa di simmetrica compressione del salario”.

Ma se guardiamo ancora più a fondo il problema sta alla radice, nei contratti collettivi nazionali (la cui flessibilità - soprattutto per quanto riguarda le cooperative sociali - è la più alta e i salari più bassi dell’intero settore) a cui le associazioni onlus o le cooperative sociali ricorrono sempre più.
Vi è un utilizzo spropositato di contratti a progetto, occasionali, di stage, a scapito di quelli a tempo determinato o indeterminato.
Sta avvenendo una preoccupante “aziendalizzazione” di queste associazioni e questo avviene perché, ad oggi, esistono leggi che lo permettono e non vi sono controlli più rigidi né troppo interesse ad occuparsi di questo settore da parte delle istituzioni.
Aumentano le testimonianze di persone che lavorano nel settore e denunciano le condizioni di precarietà, sfruttamento e ripetuti ritardi nei pagamenti: le cooperative sociali sono quelle maggiormente incriminate ma fanno loro degna compagnia anche diverse onlus o enti generici per la promozione sociale. Ma dove è finita la componente ETICA e UMANA tanto SBANDIERATA?
G.B

link utili
http://libertalavoro.blogspot.com/2010/05/le-cooperative-sociali-le-cooperative.html
http://www.facebook.com/topic.php?uid=89961638164&topic=16519#!/group.php?gid=89961638164