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lunedì 3 maggio 2010

IL BLOG NON E' MORTO

Ciao a tutti!Solo un breve trafiletto per rassicurare tutti che il mio blog non è morto,è solo un periodo molto incasinato in cui, avendo scelto per l'indipendenza (e finalmente!!) mi sono buttata a capofitto nei miei mille lavoretti perché se no NON SI CAMPA:-/ !!!APPENA TROVO L' EQUILIBRIO RICOMINCERO' A SCRIVERE COME UN TRENO..DIFATTI LE IDEE NON MANCANO:-)...... Ne approfitto pero' per lasciare un articolo del 24 Aprile, tratto dalla Repubblica,di Alessandra Retico, che credo valga la pena di considerare e leggere, visti i tempi che corrono...




«ROMA - Le insegne dei negozi devono parlare italiano. Tutt' al più lumbàrd, varesotto, brianzolo, bustocco, trevigiano. Siciliano e sardo e inglese, of course. Insomma qualsiasi lingua civile e comprensibile, europea e locale, dunque tutti i dialetti vanno bene. I geroglifici no, niente arabo e cinese, non più. Se vogliono aprire un' attività commerciale, gli stranieri devono adeguarsi: imparare l' italiano. Superare un test di conoscenza della lingua, e presentare il certificato. Proposta leghista della deputata Silvana Comaroli, di Soncino (Cremona), classe 1967, che alle Commissione Attività produttive e Finanze della Camera ha presentato il suo emendamento al decreto legge incentivi. Scrivendo: «Le Regioni possono stabilire che l' autorizzazione all' esercizio dell' attività di commercio al dettaglio sia soggetta alla presentazione da parte del richiedente, qualora sia un cittadino extracomunitario, di un certificato attestante il superamento dell' esame di base della lingua italiana». Un secondo emendamento dell' onorevole del Carroccio chiede invece lo stop alle insegne multietniche, in favore dei dialetti. «Le Regioni possono stabilire che l' autorizzazione da parte dei Comuni alla posa delle insegne esterne a un esercizio commerciale è condizionata all' uso di una delle lingue ufficiali dei Paesi appartenenti all' Unione europea ovvero del dialetto locale». Niente più Chinatown. Occorrerà attendere la prossima settimana, quando vi sarà il vaglio di ammissibilità in Parlamento, per capire se le proposte hanno una chance di diventare legge. Non è una novità da parte della Lega Nord, dalle panchine vietati a Treviso da Gentilini alla fine degli anni ' 90 ai divieti di burka, burkini, kebab e altri fastidiosi esotismi in molte città. E non lo è l' idea del test di italiano, perchéa Prato c' è già: nella città toscana il regolamento sull' apertura di negozi, bar e ristoranti da parte degli stranieri prevede che il gestore sia capace di leggere e capire l' italiano, per poter applicare le norme igienico-sanitarie di base e prestare assistenza ai clienti. Per la giunta di centrodestra guidata da Roberto Cenni, il test è un passo verso l' integrazione. «L' esame deve essere accompagnato da tutti i supporti necessari, a partire dai corsi di lingua»

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