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mercoledì 22 dicembre 2010

Pendolari: Cronaca di una giornata di ordinario disservizio

Sono circa le 21 di un lunedi sera freddo e nebbioso a Milano.
Mi avvio a prendere il treno dell 21.12 diretto a Novara alla stazione del passante ferroviario di Porta Venezia e appena giungo in loco, mi rendo immediatamente conto che qualcosa non va.
Al binario 2, che accoglie un discreto numero di persone dalle facce chiaramente segnate dalla stanchezza e intirizzite dal freddo, noto che tutti i tabelloni sono letteralmente "bloccati"  in quanto l'ultimo treno "immortalato"è quello diretto a Varese delle 15.27.
Salgo le scale per vedere se i cartelloni riassuntivi sopra i binari invece sono funzionanti e mi accorgo che anch'essi sono fermi esattamente allo stesso punto: i treni elencati risalgono tutti al primo pomeriggio e del treno imminente per Novara o degli altri treni immediatamente precedenti, nemmeno l'ombra.
A quel punto scendo nuovamente per vedere se la situazione si è sbloccata e noto con una certa sorpresa che in quel momento passano due treni: uno per Saronno e uno per Meda la cui destinazione si scopre solo dal'insegna luminosa presente sugli stessi treni che si puo' notare solo al momento dell'arrivo: nemeno una parola per annunciarli.
La gente ovviamente appare confusa e quando i treni si fermano, alcuni di loro chiedono ai pendolari in procinto di scendere dalle porte, informazioni sul percorso.
 L'altoparlante continua a  tacere e le facce, già stanche e rassegnate delle persone in attesa, assumono ora degli sguardi interrogativi e alquanto arrabbiati; c'è chi si siede imprecando e chi invece armeggia con il cellulare per comunicare ai propri cari che non sa quando arriverà a casa.

Nel frattempo, sono le 21.30 e del treno per Novara che attendo con ansia perché ho un impegno per le 22 a cui non voglio mancare, non v'è traccia.
A quel punto,  nella paura che per qualche ragione il treno sia stato soppresso - cosa molto comune nell'esperienza quotidiana di noi pendolari - mi avvio dai controllori di varco per chiedere spiegazioni e mi sento dire, con una totale tranquillità, che il mio treno è stato soppresso e che è partito qualche minuto fa da stazione Garibaldi facendo quindi soltanto il viaggio di superficie.
Dopo queste parole, esplodo e pretendo di parlare con il capostazione che sta rinchiuso, del tutto indifferente al malcontento delle persone sui binari, nel suo stanzino pieno di computer ad armeggiare con le tastiere. Entro nel gabbiotto e chiedo spiegazioni all'uomo il quale, come era prevedibile, scarica tutta la responsabilità dell'accaduto su qualcun altro. Sostiene che gli annunci non li fa lui ma che provengono dalla stazione di Lambrate e che quindi, non è colpa sua se la soppressione del treno per Novara non è stata annunciata in alcun modo.
Il gioco dello scarica-barile  a quanto pare quindi continua ad essere l'hobby preferito dal personale di Ferrovie Dello Stato, e in questi casi, guai ad assumersi le responsabilità dei continui disagi a cui da anni i pendolari sono sottoposti.
Il capostazione poi, come per tranquillizzarmi mi dice " beh ma adesso passa quello delle 21.42 che puo' prendere".  Evito di dire ogni parola in più perché, visti i quasi quaranta minuti d'attesa, l'ultima cosa che vorrei è sfociare in una discussione che potrebbe poi portarmi a perdere anche quel treno. L'appuntamento che avevo per le 22 ormai è saltato ma per lo meno vorrei riuscire a tornare a casa.
Tempo quindi di scambiare qualche parola con i ragazzi che controllano ai tornelli - i quali esprimono la solidarietà con noi poveri pendolari e dicono che purtroppo loro non sanno tanto piu' di noi - e corro a prendere il treno.

Il treno arriva addirittura due minuti prima e chiaramente non viene annunciato in alcun modo. Lo riconosco solo perché i vagoni della linea Milano-Novara sono inconfondibili: sporchi, fatiscenti e con due piani. Per fortuna becco un vagone riscaldato - cosa per nulla scontata pur essendo in pieno dicembre.

Il treno parte e l'unica cosa che Ferrovie Dello Stato fa per "scusarsi" del disagio, è far partire una registrazione a ripetizione che c'informa (come se non l'avessimo capito..)  che il treno viaggia con 28 minuti di ritardo e che il ritardo è dovuto a lavori sulla linea nella stazione di Rho. A quel punto la rabbia esplode ancora di più..Cosa c'entrano i lavori a Rho se il treno per Novara da Rho non c'è ancora passato perché proviene dalla parte opposta?
Vorrei sfogarmi davvero con qualcuno ma, come spesso accade in questi casi di ordinario disservizio da parte di Trenitalia, i controllori sul treno appaiono letteralmente volattilizzati. Non mancano mai pero' quando, approfittando del fatto che il treno non è in ritardo, possono permettersi di dare tranquillamente le multe.

Nel frattempo do uno sguardo alle stazioni fuori che passano l'una dopo l'altra e noto che anche la stazione di Lancetti ha i tabelloni del tutto bloccati alle 17 e cosi' anche stazione Garibaldi, con la sola differenza che almeno i computer riassuntivi lì funzionano.
Noto poi in Certosa che un altro treno, su un binario parallelo, identico al mio prosegue nella stessa direzione e a quel punto collego: il treno su cui sto viaggiando è quello delle 21.12 che viaggia con mezz'ora di ritardo mentre quello è il treno dopo delle 21.42 che mi aveva detto il capostazione. Ovviamente l'altro treno è vuoto e avanza poco più a rilento del mio. Ho la certezza che è lo stesso perché lo vedo in ogni singola stazione fino poi alla mia. Cosi' ecco il risultato: due treni allo stesso identico orario mentre prima e dopo di essi il nulla: è davvero una presa in giro.

Sono sempre più senza parole...mi chiedo, ma è possibile che nella tanto osannata "Milan le grand Milan", "la grande metropoli del nord Italia", il cuore dell'alta moda e tante altre belle parole del quale le istituzioni lombarde amano riempirsi la bocca, i servizi pubblici siano così disastrosi?  Se Milano si ferma per due lavori in corso o quattro gocce d'acqua e i trasporti van del tutto in tilt, come si puo' pensare di ospitare proprio in questa città l'Expo' 2015?

E soprattutto, con quale faccia Ferrovie dello Stato a gennaio oserà aumentare del 20% e più i prezzi dei biglietti? Insomma la rabbia è tanta ma Trenitalia e le stesse amministrazioni continuano ad essere sordi ad ogni critica, protesta o campagna. Forse l'unico modo per farsi sentire è tornare a bloccare i treni?

Termino questa testimonianza lasciando delle foto che ho proprio scattato lunedi a riprova dell'accaduto.




Giulia B.

Per info su "Pendolari e Dintorni" ecco alcuni link interessanti:
http://www.altroconsumo.it/campagna-trasporti/
http://ilpendolare.com/
http://patto.ilpendolare.com/

martedì 21 dicembre 2010

SCONTRI A ROMA: CHI SONO DAVVERO I COLPEVOLI?

Dopo i fatti del 14 Dicembre, tutto fa pensare che qualcosa nell'aria sia cambiato. Ma non è solo la dimostrazione che da tempo il malcontento e lo sconforto di migliaia di giovani sia esploso in una rabbia che non si vedeva probabilmente dagli anni caldi del decennio '68-'77,  sembra che la storia si ripeta. Slogan, pensieri e commenti già sentiti, aggiungo io, purtroppo.

Apparentemente "svelato" il mistero del ragazzo con le manette ritratto nella maggior parte delle foto girate all'impazzata in questo periodo sui quotidiani più importanti, un altro dubbio si fa strada.
Infatti, mentre ancora molti faticano a credere che il ragazzo immortalato nello scatto fotografico con le manette e la pala, sia un sedicenne già segnalato alle autorità per rissa e azioni violente che avrebbe "rubato" - a quanto pare con una discreta nonchalance - le manette del finanziere coinvolto nelle foto degli scontri più violenti , spunta un'altra stranezza portata alla luce in questi giorni da diversi telegiornali e in particolare da Rai News 24.

Stavolta la vittima è un ragazzo di 15 anni - Cristiano- studente al liceo Mamiani di Roma, il quale, come ritrae molto bene un video di You-Reporter, è stato colpito, di punto in bianco, probabilmente dopo aver lanciato un mandarino contro la polizia- violentemente con un casco da un ragazzo più grande di lui. Il risultato è stato che il ragazzo ha riportato una frattura scomposta del setto nasale e un ematoma cerebrale, e sarà sottoposto a un intervento chirurgico.
Il colpevole dell'accaduto invece, che ad oggi ha un nome, tale Manuel de Santis, si è appena costituito ammettendo la sua colpevolezza. E' un ragazzo di 20 anni non appartenente a nessun gruppo politico specifico e la motivazione del gesto sarebbe stato impedire che coloro che attaccavano i blindati della polizia fossero fermati e il corteo proseguisse....(Vita - quotidiano delle 13- del 21/12/2010). Manuel de Santis, prosegue l'avvocato che lo difende, avrebbe fatto quest'azione del tutto fuori dal controllo ed è per tale motivo si è pentito ed ha deciso di constituirsi.

Questi quindi i fatti ufficiali ma una domanda nasce spontanea, se è vero che nel video che ha immortalato l'aggressione, anche come sottolineato più volte dal padre di Cristiano, il gesto sembra quasi "premeditato" perché si svolge dopo una pausa consistente al presunto tiro di frutta del ragazzo, come puo' essere stata una reazione "incontrollata"?
 Accanto a questa domanda, anche un altro interrogativo molto più scomodo si fa strada: che dire invece delle testimonianze che sostengono che quando Cristiano è caduto, i compagni dell'aggressore avrebbero rivolto frasi fasciste nei confronti del ragazzo?
Ma non finisce qui, forse un altro ragionevole dubbio meriterebbe una soluzione, se è vero che Manuel de Santis è stato "vittima" di una reazione incontrollata per porre fine agli attacchi alla polizia perché voleva che la manifestazione fosse condotta in maniera pacifica, che ci faceva equipaggiato con tanto di casco in mano? E soprattutto..da quando per porre fine ad una risposta violenta si prende a "cascate" la gente? Non c'è il rischio di ottenere il risultato opposto?
E mentre voci insinuano già l'apparteneza di Manuel a Centri sociali e similia, forse bisognerebbe andare più a fondo su una serie di irregolarità non ancora spiegate dal Ministro Maroni e proposte sintetizzate in 10 domande da parte del popolo Viola che qui copio e incollo. Quella del ragazzo con le manette per il momento è l'unica risposta data ufficialmente ma le altre?
1) Perché il finanziere ha il dito sul grilletto?
2) Chi è l’uomo col cappuccio grigio che prima sembra aggredire il finanziere e poi lo soccorre?
3) Chi è l’uomo col walkie talkie a terra?
4) Chi è l’uomo col giubbotto beige che prima impugna un badile, poi un bastone e poi un manganello e manette e che ritroveremo dopo dietro il cordone delle forze dell’ordine?
5) E’ vero, come sostiene l’ApCom, che l’uomo con la giacca a quadri, travestito da manifestante, che protegge il finanziere è un esponente delle forze dell’ordine?
6) Che rapporto c’è tra l’uomo col giubbotto beige e quello con la giacca a quadri ritratti assieme in una foto in cui sembrano dialogare?
7) In due diverse dichiarazioni, riportate dal Corriere della Sera e dal Messaggero, il Comando della Guardia di Finanza, prima esclude che i finanzieri possano operare in “abiti civili” e poi ammette che il finanziere con la pistola è stato soccorso da un “collega in abiti civili”. Perché questa contraddizione?
Otto) Erano presenti tra i dimostranti esponenti della Guardia di Finanza in “abiti civili”?
9) Erano presenti tra i dimostranti esponenti delle Forze dell’ordine in “abiti civili”?
10) Se erano presenti tra i dimostranti, come pure ammette la Guardia di Finanza, esponenti delle forze dell’ordine in abiti civili con quale quale mandato operavano?
http://www.ilpopoloviola.it/ 


Giulia B.

vignetta tratta da: 

http://blog.libero.it/teeee53/

martedì 14 dicembre 2010

ULTIME DALLE PIAZZE AL "GIORNO DELLA VERITA'"

Copio e incollo un breve servizio di C6 Milano sulla grande manifestazione di Roma (sia per protestare contro il DDL Gelmini che contro il Governo).
Secondo invece le notizie che provengono da Palazzo, alla vigilia del voto per la fiducia del Governo, i conti diventano sempre più incerti...addirittura si potrebbe prospettare un pareggio. E mentre la possibilità di ottenere la sfiducia alla camera è sempre più lontana a causa di asensioni all'ultimo momento e assenze la fiducia al senato è già passata. Le manifestazioni proseguono in tutta Italia: Bari, Napoli (dove è stata occupata un'università), Palermo dove è stato addirittura bloccato l'Areoporto e il Porto, Milano dove ci sono cortei studenteschi di vario tipo, Siena... Gli aggiornamenti a dopo!

http://www.c6.tv/video/10961-partenza-da-piazzale-aldo-moro-per-protestare-contro-il-governo-berlusconi

AGGIORNAMENTI IN TEMPO REALE DA ROMA (14-12-2010 ORE 12:50)

Parlamento:  Passata la fiducia alla camera. 314 contro 311 e 2 astenuti


Cortei: Sono iniziati i primi scontri davanti a Palazzo Grazioli, un gruppo di studenti si e' staccato dal corteo e ha cominciato a lanciare immondizia  e petardi che, finendo sul cordone della polizia, ha inevitabilmente provocato delle reazioni molto dure. L'atmosfera è tesa e sono cominciati i primi lanci di lacrimogeni. Disordini anche a pochi passi dal senato. Quando ai ragazzi è arrivata la notizia della fiducia, gli slogan si sono trasormati in urla: "Vergogna, vergogna" e "Tutti a Montecitiorio".

NOTIZIE DEL DOPO MANIFESTAZIONE  (15-12-2010 -ORE 17:40)

Scontri: Dopo i primi disguidi svoltesi davanti a Palazzo Grazioli, la Città di Roma si è trasformata letteralmente in uno scenario da guerriglia urbana. Gruppi di persone coperte da passamontagna, caschi e armati di pale, mazze e addirittura manette, si sono staccate dai cortei e hanno cominciato a mettere a ferro e fuoco la città. Il risultato sono state macchine bruciate, vetrine di negozi spaccate, bar presi d'assalto e un bilancio di più di 100 feriti tra poliziotti e dimostranti. Dopo i primi lanci di pietre (alcune prese direttamente dal pavé di piazza Del Popolo)  e di oggetti di qualsiasi tipo, sono cominciate le cariche che non hanno, come spesso accade, risparmiato nessuno, coinvolgendo anche ragazzi inermi. Nella confusione generale il corteo, formato da circa 50 mila persone, si è completamente disperso, ponendo cosi' fine al percorso della manifestazione.
E mentre c'è chi parla di una seconda piccola Genova, riportando all'attenzione pubblica lo spauracchio dei black bloc, il PD e il resto dell'opposizione chiedono a Maroni un chiarimento doveroso sui cossiddetti "manifestanti violenti" insinuando una verità certo scomoda ma probabile: all'origine degli scontri più violenti c'erano degli infiltrati.

Foto infatti diffuse dalla maggior parte dei quotidiani  (La Repubblica,Il Corriere etc) dimostrano, in più di un caso, che i presunti black bloc familiarizzano con alcuni finanzieri tra una carica e l'altra: una volta sostenendo il finaziere ferito, una volta mostrando manganelli tipici delle forze dell'ordine.  Non solo, la foto più eclatante di certo è quella di un ragazzo con in mano un manganello e delle manette (nella foto sotto).
Giulia B.
  Immagine tratta dal sito www.gexplorer.net

venerdì 3 dicembre 2010

AFFITTI ALLE STELLE..PART 2


L’ultima volta ho lasciato al vostro giudizio un interessante articolo svolto dalla Repubblica degli Stagisti sul caro affitti di alcune grandi città italiane (Roma e Milano) che concentrano al loro interno il maggior numero di studenti universitari/ stagisti e dalle quali, forse proprio per questo, ci si aspetterebbero delle maggiori agevolazioni in questo senso…
…a questo proposito però è importante dire che queste problematiche relative all’abitare, non si limitano ad interessare la categoria studentesca ma anche chiunque, lavoratore singolo o coppia che sia, decida di tentare la cosiddetta “via dell’indipendenza”.
E mentre alcuni politicanti poco  abituati a vivere le difficoltà economiche e lavorative quotidiane che mai come i questi ultimi anni giovani e meno giovani si trovano a  dover affrontare, accusano i gli italiani di essere “dei bamboccioni” perché dopo i trent’anni non sono ancora usciti di casa, forse sarebbe il caso di fermarsi e fare una riflessione approfondita sulle motivazioni che portano a questa situazione.
Partiamo da dati molto semplici: A Milano, in media un monolocale in zona decentrata (o forse sarebbe più corretto dire "periferica") può andare dai 450 ai 650 Euro al mese escluse le spese. Solitamente, quelli che costano meno, sono appartamenti tra i 25 e i 35 Mq.  Se ci spostiamo però verso il centro - senza necessariamente andare fino al Duomo -  le cifre lievitano oscillando tra gli 800 ai 1700 Euro: la cifra, nella maggior parte dei casi, è direttamente proporzionale ai Mq ma quello che determina l’impennata decisiva dei prezzi è la zona. Un monolocale, ad esempio in C.so Magenta, di 52 Mq,non arredato escluse le spese, può arrivare a costare la bellezza di 1650 Euro al mese. Reperire queste informazioni non è affatto difficile, basta farsi un giro su internet e dare uno sguardo agli annunci che ci sono esposti o sentire le voci delle persone che in questo momento stanno cercando disperatamente casa.
Magari qualcuno troverà normale che in una zona più centrale gli affitti vadano alle stelle, ma altri paesi europei dimostrano che invece questa tendenza non è affatto ovvia e anzi, sembra piuttosto una qualità tutta nazionale che generale. A Berlino -per esempio- la stessa tipologia di casa, arredata, con una stanza, una cucina aperta e un bagno e a pochi passi  da Kreuzberg, uno dei quartieri più vivaci e famosi per la movida giovanile berlinese, costa soltanto 450 Euro al mese. Ancora più eloquente è il prezzo di un monolocale di 38 Mq, arredato in una zona centralissima di Berlino – Charlottenburg- a 5 minuti dal maestoso Castello di Charlotte (da qui il nome del quartiere) e dal rispettivo parco e dalla Sprea, che – rullo di tamburi – costa esattamente la stessa cifra del precedente. Rapportato a Milano, sarebbe come se un monolocale a due passi dal castello Sforzesco costasse quanto un appartamento nella zona di Gratosoglio - uno dei quartieri più periferici di Milano. Peggio ancora, viste le folli cifre che caratterizzano anche i posti letto delle case condivise dagli studenti (il range va da 300 Euro per la doppia ai 500 per la singola), sarebbe come dire che una casa in centro a Milano costerebbe addirittura meno di una semplice camera.
Utopia? Di certo sì in Italia, almeno fin quando non verrà approntato un programma risolutivo o quanto meno regolativo degli affitti.
Sempre di più si sente parlare di nostalgia dell’ Equo Canone, il quale, abrogato in parte nel 1992 e in parte da una legge emanata sotto il Governo D’Alema nel 1998, è scomparso dal nostro ordinamento, senza che alcuna forza politica si rendesse conto delle conseguenze che questa scomparsa avrebbe comportato. Il libero mercato sugli affitti ha permesso gli eccessi e le cifre folli –guarda caso lievitate proprio dopo l’abrogazione di questa misura protettiva- su cui oggi ci troviamo a dibattere. Probabilmente invece, introdurre delle misure atte a stabilire un tetto massimo oltre il quale l’affitto di una casa non dovrebbe andare, potrebbe essere un modo per tutelare maggiormente tutti coloro che rischiano di restare a vita “bamboccioni”, perché, vista la precarietà del lavoro e la drammatica situazione economica, non possono permettersi un affitto.

Ma la situazione, almeno per ora rimane ferma e così accade che si continua ad investire nelle cosiddette case “di lusso” che non potranno mai essere abitate dalla famiglia media e che si preferisce non spendere un euro per un’edilizia convenzionata e alla portata di tutti.
L’emblema milanese di questa cieca rincorsa al profitto originato dal mattone è senza dubbio il nuovo quartiere in costruzione City Life – in zona fiera-  il quale, sponsorizzato come una novità assoluta, in uno stile unico, costruito interamente in materiali ecocompatibili e quant’altro, avrà degli appartamenti che costeranno dagli 8 ai 12 mila euro al Mq , cifre che fanno letteralmente a pugni con la crisi economica che stiamo vivendo e che per questo non possono che lasciare attoniti.

Giulia. B

Immagini tratte da:
www.consulenzaimmobigliare.org
arervda.it









venerdì 26 novembre 2010

Raccolta firme contro gli aumenti tariffari e i tagli al trasporto pubblico!

Come effetto della manovra economica si prospettano tempi durissimi per i pendolari...Addirittura son previsti aumenti del 25, 30% accanto a questi, anche una corsa ogni cinque già a pertire da gennaio...come se già non bastassero le problematiche e i disagi a tutti ben noti del trasporto regionale...
Se non sei d'accordo firma la petizione al
http://patto.ilpendolare.com/
GB

giovedì 18 novembre 2010

Sulla torre sotto una pioggia torrenziale: Gli immigrati proseguono la loro protesta

Milano, mercoledi 17 Novembre 2010     
Sono le 15.40 di una giornata  grigia e piovosa, anzi piu' che semplicemente piovosa, dalle piogge torrenziali.....mi dirigo verso via Imbonati dove, dal 5 novembre sulla  Torre davanti all'“ex Carlo Erba”, un gruppo di immigrati continua la sua protesta sulla scia di quella che si è verificata a Brescia contro le legge sui permessi di soggiorno e la sanatoria per colf e badanti. 
Una volta giunta nei pressi della torre - guidata da un forte profumo di cibo speziato dai rimandi decisamente orientali - mi avvio verso il presidio permanente che consiste in una sorta di piccola tendopoli improvvisata per l'occasione dai sostenitori della protesta. Tra questi, non solo associazioni per i diritti dei Migranti (ad esempio Università Migrante) ma anche cittadini stranieri comuni che vogliono semplicemente dare il loro appoggio e la loro solidarietà ai ragazzi impegnati in questa lotta.

Al mio arrivo vengo accolta da una quindicina di persone, per lo più di nazionalità nordafricana, che, incuranti delle intemperie e dell'acqua che cola copiosa dagli spazi non coperti tra una tenda e l'altra, continuano  - alcuni su delle sedie, altri dietro un banchetto informativo- il loro presidio per spiegare il perché della protesta e aggiornare sugli sviluppi chiunque chieda informazioni a riguardo.
La loro richiesta è semplice- e questo lo si legge immediatamente da un volantino molto chiaro che mi porgono intitolato "perché siamo sulla torre di via Imbonati?"- vogliono avere, come ogni cittadino che lavora onestamente in Italia, un permesso di soggiorno. 

L'accusa è dritta al governo il quale, con una sanatoria su Colf e Badanti non si è invece preoccupato di facilitare la regolamentazione di chi la badante non la fa e, nonostante tutto, lavora sodo da anni. Alcuni, per avere questo pezzo di carta hanno anche pagato caro (da 500 a 6mila euro),  un autentico salasso per molti immigrati che, o raggirati o complici per la disperazione, hanno sborsato migliaia di euro a datori di lavoro inesistenti. La maggior parte di essi in cambio non ha avuto niente.

Le frasi del volantino, per quanto semplici, arrivano dritte al cuore di chiunque abbia un minimo di sensibilità e recitano "SIAMO STUFI DI ESSERE TRATTATI COME BESTIE, SFRUTTATI NEI LUOGHI DI LAVORO, GUARDATI SEMPRE MALE COME SE FOSSIMO DELINQUENTI. SIAMO STUFI DI UN GOVERNO CHE CI DIPINGE COME NEMICI DEI LAVORATORI ITALIANI. NON SIAMO NOI I COLPEVOLI DELLA CRISI, MA IL GOVERNO CHE NON SA DARE RISPOSTE NE' HAI CITTADINI ITALIANI NE' AGLI IMMIGRATI"
 Quindi, a giudicare da queste parole, emerge un chiaro senso di solidarietà ed apertura anche con i cittadini italiani, molti dei quali, visti i tempi che corrono, di certo non si sentono meno sfruttati e demoralizzati per la drammatica situazione economica e lavorativa attuale.


Dopo aver letto il materiale informativo, chiedo immediatamente lo stato di salute dei ragazzi sopra la torre e scopro con piacere che stanno bene, hanno avuto cibo, coperte e vestiti offerti da diverse associazioni tra cui l'ong Emergency e l'associazione Naga. Sono in 3 (due sono scesi per problemi di salute) e hanno tutti tra i 25 e i quarant'anni. Chiunque puo' comunque portare il suo aiuto e la sua solidarietà con beni di prima necessità e medicine.

A questo punto c'è da chiedersi se questa protesta estrema porterà a qualcosa, per il momento le risposte da parte delle istituzioni sono state ben poche e anche l'ultimo incontro con il prefetto non ha dato alcun risultato. Con i sindacati i rapporti sono ancora ambigui e non è possibile dare una risposta certa all'eventualità di trattative concrete in corso. 
Per quanto riguarda invece l'opinione pubblica, a sentire le parole dei ragazzi impegnati nel presidio, i cittadini milanesi han finora mostrato più appoggio che critiche, forse perché un gesto tanto estremo non puo' che essere motivato da ragioni profonde e da una situazione oggettivamente insostenibile, o forse semplicemente perché molti italiani non faticano affatto ad immedesimarsi in situazioni di sfruttamento come queste.



G.B

Per essere aggiornati sui fatti:
comitatoimmigratitalia.milano@gmail.com 
Associazione Naga:     http://www.naga.it/
Associazione Unimigrante:  http://www.unimigrante.net/
www.emergency.it
Video sui fatti di Brescia:http://www.youtube.com/watch?v=RrPAO7a9dbI

 

Immagine tratta da:
http://milano.corriere.it/gallery/milano/11-2010/cimi/1/protesta-gru_1e2de8f4-eb1e-11df-bbbd-00144f02aabc.shtml









giovedì 11 novembre 2010

AFFITTI ALLE STELLE..PART 1

Copio e incollo un interessante articolo proveniente dalla Repubblica degli Stagisti,  un sito molto attento e attivo alle problematiche dei giovani (e meno giovani) stagisti, neolaureati e laureandi d'Italia..
Penso che offra degli ottimi spunti di riflessione sulla situazione attuale, per nulla rosea, degli affitti a Milano e in altre regioni, per lo più del nord Italia, dove fioccano cifre da capogiro anche su appartamenti dalle dimensioni irrisorie.
Ci rivedremo con la seconda parte a breve;-)

G.B
".....E passiamo a Milano. Qui gli universitari sono 177mila; la parte del leone la fa la Statale con oltre 54mila studenti, seguita a ruota da Cattolica (37.500), Politecnico (quasi 37mila) e Bicocca (poco più di 29mila). Poi ci sono la Bocconi con 12.700 studenti, la Iulm con 4.300 e infine l’università Vita-Salute San Raffaele con duemila. In media la metà degli iscritti è fuorisede: per esempio, secondo le statistiche della Statale un 15% proviene da un’altra regione e un 40% dalle altre province della Lombardia. Applicando queste percentuali a tutti gli atenei milanesi, ne risulta che vi sono a Milano 97mila studenti fuorisede. Unendoli ai 40mila fuorisede romani si arriva al ragguardevole numero di 140mila – e non è finita.
Agli studenti si uniscono (e in parte anche sovrappongono) gli stagisti. Partendo dal fatto che la Lombardia è regione dove in assoluto ce ne sono di più – nel 2008, secondo i dati del rapporto annuale Excelsior di Unioncamere, sono stati quasi 61mila sul totale nazionale di 305mila: praticamente uno stage su cinque avviene in Lombardia – Milano è a buon diritto la capitale degli stagisti: ne accoglie oltre 25.500. Lo scettro le viene però conteso da Roma, che con 25.350 stagisti assorbe oltre l’80% dei tirocini dell’intero Lazio. E questi numeri sono riferiti esclusivamente alle imprese private: vi sono poi in entrambe le città altre migliaia di stagisti negli enti pubblici, sopratutto a Roma dove hanno sede tutte le principali istituzioni.Impossibile qui sapere quale percentuale sia fuorisede: però, essendo la stragrande maggioranza delle offerte di stage a Milano o Roma, è chiaro che qualsiasi studente o neolaureato che voglia fare questo tipo di esperienza troverà molte più opportunità se sarà disponibile a trasferirsi lì.
Il che ci porta finalmente al centro di questo ragionamento.
140mila universitari fuorisede più 50mila stagisti vuol dire quasi 200mila giovani che a Roma e a Milano hanno bisogno di accoglienza, alloggio, trasporti pubblici degni di questo nome. Quali risposte ricevono? Focalizzando il tema della casa, e partendo dal presupposto che le foresterie universitarie e le case dello studente offrono un numero di posti estremamente esiguo e che quindi i ragazzi si devono arrangiare, i principali problemi sono tre.
Uno, i prezzi troppo alti. Quando una doppia in condivisione costa 300 euro al mese, e una singola oltre 500, c’è qualcosa che non va.
Due, gli affitti in nero. Il che non è solo un’illegalità che permette ai proprietari di risparmiare sulle tasse, ma anche un rischio per i ragazzi, che possono essere buttati fuori senza tanti complimenti dall’oggi al domani.
Tre, le case fatiscenti e sovraffollate: negli appartamenti per studenti è stato abolito il salotto per rimediare una camera da letto in più, le strutture sono spesso decrepite, le cucine poco più che da campo – tanto chi glielo fa fare ai proprietari di rendere decente l’arredamento, per quattro ragazzini? E così appartamenti di 60 mq con un solo bagno, inizialmente concepiti per due persone e con un valore commerciale di 7-800 euro al mese di affitto, si trasformano in «comuni» che ospitano il doppio o il triplo degli inquilini e fruttano il doppio o il triplo dei denari (senza però che si siano moltiplicati nè lo spazio nè il numero dei bagni). 200mila giovani che cercano una sistemazione a Milano e a Roma non sono uno scherzo. Ed è ora che le amministrazioni comunali affrontino il problema.."
(Di Eleonora Voltolina  http://www.repubblicadeglistagisti.it/article/roma-milano-affitti-troppo-cari-per-i-200mila-studenti-fuorisede-e-stagisti )



mercoledì 10 novembre 2010

IL DISASTRO DELLA SANITA' IN ITALIA

Siamo a Milano, non certo in un piccolo e disperso paese del sud Italia, eppure anche nella tanto sbandierata "Eccellenza Sanitaria lombarda"ne accadono di ogni.
Lo sa bene C., che per avere una risonanza magnetica al fegato con Servizio Sanitario Nazionale (diagnosi:sospetto angioma di diametro 5cm)ha dovuto aspettare 2 mesi...ne sa anche qualcosa G., che per una visita neurologica di controllo (diagnosi: più di 10 emicranie al mese)aveva due alternative: o un controllo in Servizio Sanitario Nazionale dopo 4 mesi o una visita in regime privato dopo 2 mesi e per altro - cosa assai curiosa- con lo stesso medico.

A quanto pare dunque, anche il privato, seppure sempre meno del pubblico, comporta talvolta attese inaccettabili per chi sta davvero male.
Ma le attese per le prenotazioni non son l'unico problema: anche per chi riesce ad ottenere l'appuntamento in regime privato entro pochi giorni, non è sempre rose e fiori. E' il caso ad esempio di S., la quale, dopo aver pagato la bellezza di 115 Euro per una visita fisiatrica, è stata ricevuta con quasi un'ora di ritardo, rischiando di non riuscire a recarsi in tempo sul posto di lavoro. Peggio ancora è andata a F. il quale, dopo aver sborsato 130 Euro per una visita con un primario molto rinomato, si è visto dare una diagnosi frettolosa (tempo della visita=10 minuti) e una cura sbagliata per la sua patologia. Dunque oltre al danno la beffa...

Insomma, sembra che in Italia la sanità vada tutt'altro che bene e fin qui abbiamo escluso i casi di mala sanità più clamorosi e ridondanti sulle cronache televisive come quelli in sala parto accaduti in Sicilia o simili..
Dunque il problema della sanità esiste ma nessun governo sembra mai averci dedicato il tempo necessario anche solo per una risoluzione sommaria.

Al momento infatti i soggetti che più si prendono carico di queste problematiche sembrano essere solo alcune associazioni a difesa dei consumatori - ad esempio l'Associazione Altroconsumo- ma è chiaro che, vista l'entità del problema, l'assenza di un serio impegno per fronteggiarlo da parte delle istituzioni, è un fatto molto grave.
Il problema più importante è che in Italia si investe ancora troppo poco nella sanità e ne è prova la spesa sanitaria complessiva (pubblica e privata) rispetto al PIL- la quale si aggira attorno all'’8,9%, mostrandosi molto più bassa di quella di Paesi come Stati Uniti (15,3%), Germania (10,7%), Francia (11,1%) e Svizzera (11,6%).  Che sia forse il caso di cominciare prendere esempio da qualcuno di questi modelli?


G.B

Link: http://www.argo.catania.it/2010/06/14/luci-e-ombre-nella-sanita-siciliana/
http://www.altroconsumo.it/
http://www.ilsussidiario.net/articolo.aspx?articolo=285

mercoledì 6 ottobre 2010

"PRENDI LA LAUREA E VEDRAI CHE AVRAI UN LAVORO MIGLIORE" Andatelo a dire alla metà dei laureati...

.....Infatti, secondo l'ultimo rapporto 2010 Di Almalaurea (un consorzio
interuniversitario alla cui banca dati aderiscono 60 atenei italiani) , solo il 48,7% dei laureati in Italia sarebbe occupato. Il restante 51.3% si dividerebbe tra persone che sono alla ricerca di un lavoro (quasi il 18%) e persone che dopo la laurea svolgono un'attività di formazione e di tirocinio.

Per cui addio alle buone aspettative dei genitori verso i propri figli "acculturati", addio alle belle speranze dei ragazzi su un futuro roseo e pieno di riconoscimenti per i lunghi anni (in aumento soprattutto dopo la riforma universitaria del 3+2)trascorsi sui libri, la realtà è ben altra.

Forse un tempo laurearsi facilitava nella ricerca di un lavoro e soprattutto dava la possibilità di averlo anche maggiormente retribuito ma, ad oggi, tutti i segnali portano a pensare che sia esattamente il contrario.

C'è chi passa di stage in stage gratuiti o scarsamente retribuiti, dove, se va male s'imparano soltanto a fare 30 caffè o 40 fotocopie al giorno e se va bene si sviluppano anche dei buoni progetti di tirocinio ma al termine dei quali non v'è alcuna speranza di assunzione.
C'è chi dopo una laurea specialistica da 110 e lode rinuncia a cercare un'occupazione in linea con i suoi studi e i suoi interessi perché si rende conto che nel mercato del lavoro la propria specializzazione vale meno di zero.
Dall'altra parte c'è chi fugge all'estero,o chi ancora, grazie a qualche "santo in paradiso" ha la fortuna di trovare un buon posto e discretamente pagato: In Italia infatti, tra i lavoratori laureati, circa il 55% risulta avere trovato un posto grazie a conoscenze o contatti personali (indagine Stella 2009)

Ma dove è finita la vecchia regola "studia che ti serve?" Probabilmente tale legge è valida solo per se stessi, per l'arricchimento della propria cultura personale, ma purtroppo non vale altrettanto per il mondo del lavoro.

Non sarebbe forse il caso, visto i tempi che corrono, che qualcuno mettesse in guardia i futuri lavoratori della trappola del futuro?
In alternativa anche mettersi al tavolo per trovare delle soluzioni al problema sarebbe già un grande passo.
Tanto per cominciare regolarizzare l'uso spropositato degli stage e tirocini, limitandolo quantomeno al periodo universitario, di modo che non si verifichino casi come quello di persone che a quarant'anni, dopo aver perso il lavoro, si ritrovano a dover fare uno stage piuttosto che restare a casa. Purtroppo questo non è una fantasia ma la realtà ed è raccontata molto bene da un libro autobiografico di Andrea Bove "Stagista a quarant'anni" Edizioni Riccadonna che senza dubbio fa riflettere molto seriamente sulla crisi che stiamo vivendo.

Un'altra possibile soluzione potrebbe essere fare in modo che gli atenei preparino e introducano DAVVERO gli studenti al mondo del lavoro di modo che una volta fuori non si trovino, come spesso accade, del tutto spaesati e spaventati di fronte alla "giungla" dei migliaia di contratti atipici o di "non contratti" che si usano con sempre maggior leggerezza nel nostro paese. Ma anche per questo ci vuole chiaramente una seria volontà di cambiare le cose.

G.B

link utili:
http://www2.almalaurea.it/cgi-php/lau/sondaggi/intro.php?config=occupazione

http://www.repubblicadeglistagisti.it/article/stagista-a-quarantanni

http://resistenzaumana.it/rubriche/diversamente/laureati/

giovedì 23 settembre 2010

IL "NONNISMO" SUL POSTO DI LAVORO

Riporto qui il link di un interessantissimo articolo pubblicato da CGIL Catania sul Mobbing e le vessazioni sul posto di lavoro.
Penso che possa essere un ottimo spunto per riflettere su uno dei problemi più importanti, e purtroppo in aumento, del mondo del lavoro. Le statistiche italiane dicono che il fenomeno oltre ad essere in crescita, si stia sviluppando anche negli ambienti più improbabili e apparentemente "esenti" da questa terribile logica comportamentale che poi di fatto è la più grande causa di stress da lavoro e malattie ad esso connesse come cefalea, gastrite, ansia. Basta farsi un giro in alcuni dei più importanti ed attrezzati ospedali di Milano come ad esempio l'Auxologico o la Fondazione IRCCS Cà Granda, per constatare che sono in aumento le strutture predisposte alla Medicina del Lavoro, la quale tratta proprio questi casi.

Il Mobbing può manifestarsi ovunque, in qualunque posto presenti una gerarchia al suo interno, ancora di più se si tratta di posti piccoli dove solitamente i dipendenti sono meno di 10, e si manifesta sotto più forme individuabili per lo più in queste condizioni:

- all’improvviso spariscono o si rompono, senza che siano sostituiti, strumenti di lavoro come telefoni, computer, lampadine, ecc. ;
- i litigi o dissidi con i colleghi sono sempre più frequenti;
- vi viene messo vicino un accanito fumatore, pur sapendo che il detestate il fumo;
- la conversazione generale si interrompe bruscamente quando entrate in una stanza;
- venite esclusi da notizie ed informazioni utili per il vostro lavoro;
- apprendete che girano pettegolezzi infondati sul vostro conto;
- vi vengono affidati da un giorno all’altro incarichi inferiori alla vostra qualifica o estranei alle vostre competenze;
- venite sorvegliati ogni giorno di più nei minimi dettagli ( come orari di entrata ed uscita, telefonate, tempo trascorso per il caffè);
- ricevete rimproveri eccessivi per piccolezze;
- le vostre richieste verbali e scritte non ottengono alcuna risposta;
- i superiori o i colleghi vi provocano per indurvi a reagire in modo incontrollato;
- risultate esclusi da feste aziendali o da altre attività sociali;
- venite presi in giro per l’aspetto fisico o l’abbigliamento;
- tutte le vostre proposte sono rifiutate senza valide motivazioni;
- siete retribuiti meno di altri colleghi che hanno incarichi di importanza minore;

e cosi’ via altre innumeri azioni di questo tipo.
Per maggiori dettagli, e per avere magari conferma del presentimento di essere vittima di Mobbing o violenze psicologiche sul posto di lavoro, invito caldamente tutti a leggere l'articolo...
http://slc-cgil-catania.blogspot.com/2010/05/mobbing-e-violenza-psicologica-sul.html

venerdì 30 luglio 2010

PROFIT O NO PROFIT? QUESTO E' IL DILEMMA

Se facciamo un giro su Wikipedia e cerchiamo il significato della voce no profit, si evince che “Una organizzazione non a scopo di lucro (denominazione legale) è una organizzazione che, non avendo scopi di lucro, e non essendo destinata alla realizzazione di profitti, reinveste gli utili interamente per gli scopi organizzativi.” Nella categoria, che ha visto un elevato incremento soprattutto negli ultimi 10-11 anni, rientrano anche le così dette Organizzazioni non Lucrative di utilità sociale (ONLUS), Le Associazioni Non Governative (ONG) e le Cooperative Sociali. L’insieme di questi enti spesso rientra nella denominazione sintetica di Terzo Settore, quasi come ad autorappresentarsi nelle vesti di sana alternativa allo sviluppo economico e sociale, una sorta di terza via ai settori pubblico e Privato, in più, anche “eticamente valida”. Ma è proprio qui che “casca l’asino” …
Esistono organi di controllo istituzionali che garantiscano l’effettiva eticità, trasparenza e utilità sociale tanto paventata da molte associazioni appartenenti al no profit?
Le ricerche statistiche purtroppo hanno cominciato ad analizzare il fenomeno solo negli ultimi anni, considerato che è in particolare negli ultimi dieci anni che c’è stato un aumento a dir poco sorprendente…Difatti in Italia degli 221.412 enti no profit, circa la metà si sono costituite negli ultimi 10 anni (Rapporto Biennale Sul Volontariato, 2005). Di queste, la maggior parte sarebbero associazioni di cui la stragrande maggioranza risulta “inattiva” mentre le più “attive” si dividerebbero tra Fondazioni e Cooperative sociali. Quest’ultime, in particolare rappresentano la quota più consistente sul dato occupazionale ed economico. Assai curioso osservare che il Boom delle Onlus ha iniziato la sua scalata proprio alla fine degli anni ’90 appena un anno e mezzo dopo il D Lgs 460/luglio 97 sulle esenzioni e agevolazioni in materia fiscale delle organizzazioni non lucrative deciso dagli organi istituzionali giuridici proprio in ragione del solitamente elevato contenuto “ etico”degli obiettivi perseguiti…

LAVORARE NEL NO PROFIT

Nel no profit sono impiegati più di 630 mila lavoratori retribuiti di cui 80 mila con contratto di tipo atipico. A queste cifre vanno ad aggiungersi 3,2 milioni di volontari (tra veri e falsi soprattutto nel centro sud). Per quanto riguarda i valori economici risultano più di 38 miliardi di euro di entrate e 35 miliardi di euro di uscite con un avanzo di oltre 2 miliardi di euro, dato niente affatto marginale. (cit. da “Cooperative Noi Ci lavoriamo” http://www.facebook.com/topic.php?uid=89961638164&topic=16519#!/group.php?gid=89961638164).
Visti questi valori non è difficile pensare che il no profit sia in questi anni sostanzialmente cambiato e con esso alcuni dei suoi obiettivi…ma la cosa su cui è forse necessario porre maggiormente l’accento è proprio la presunta “eticità” di tutto il terzo settore anche rispetto alle condizioni di lavoro che offre. Se leggiamo il Documento d’intenti tra CGIL CISL UIL e Forum del Terzo Settore scopriamo che:

In questo contesto non adeguatamente regolato si sono prodotte sia situazioni di uso improprio del volontariato, che aree di lavoro precario e di sotto impiego. In un settore che ha come propria “missione” il benessere delle persone e la promozione sociale, assume invece centralità la questione della tutela e della valorizzazione delle persone che vi lavorano. La maggiore “motivazione” degli operatori delle organizzazioni di terzo settore non può essere una legittima causa di simmetrica compressione del salario”.

Ma se guardiamo ancora più a fondo il problema sta alla radice, nei contratti collettivi nazionali (la cui flessibilità - soprattutto per quanto riguarda le cooperative sociali - è la più alta e i salari più bassi dell’intero settore) a cui le associazioni onlus o le cooperative sociali ricorrono sempre più.
Vi è un utilizzo spropositato di contratti a progetto, occasionali, di stage, a scapito di quelli a tempo determinato o indeterminato.
Sta avvenendo una preoccupante “aziendalizzazione” di queste associazioni e questo avviene perché, ad oggi, esistono leggi che lo permettono e non vi sono controlli più rigidi né troppo interesse ad occuparsi di questo settore da parte delle istituzioni.
Aumentano le testimonianze di persone che lavorano nel settore e denunciano le condizioni di precarietà, sfruttamento e ripetuti ritardi nei pagamenti: le cooperative sociali sono quelle maggiormente incriminate ma fanno loro degna compagnia anche diverse onlus o enti generici per la promozione sociale. Ma dove è finita la componente ETICA e UMANA tanto SBANDIERATA?
G.B

link utili
http://libertalavoro.blogspot.com/2010/05/le-cooperative-sociali-le-cooperative.html
http://www.facebook.com/topic.php?uid=89961638164&topic=16519#!/group.php?gid=89961638164

lunedì 3 maggio 2010

IL BLOG NON E' MORTO

Ciao a tutti!Solo un breve trafiletto per rassicurare tutti che il mio blog non è morto,è solo un periodo molto incasinato in cui, avendo scelto per l'indipendenza (e finalmente!!) mi sono buttata a capofitto nei miei mille lavoretti perché se no NON SI CAMPA:-/ !!!APPENA TROVO L' EQUILIBRIO RICOMINCERO' A SCRIVERE COME UN TRENO..DIFATTI LE IDEE NON MANCANO:-)...... Ne approfitto pero' per lasciare un articolo del 24 Aprile, tratto dalla Repubblica,di Alessandra Retico, che credo valga la pena di considerare e leggere, visti i tempi che corrono...




«ROMA - Le insegne dei negozi devono parlare italiano. Tutt' al più lumbàrd, varesotto, brianzolo, bustocco, trevigiano. Siciliano e sardo e inglese, of course. Insomma qualsiasi lingua civile e comprensibile, europea e locale, dunque tutti i dialetti vanno bene. I geroglifici no, niente arabo e cinese, non più. Se vogliono aprire un' attività commerciale, gli stranieri devono adeguarsi: imparare l' italiano. Superare un test di conoscenza della lingua, e presentare il certificato. Proposta leghista della deputata Silvana Comaroli, di Soncino (Cremona), classe 1967, che alle Commissione Attività produttive e Finanze della Camera ha presentato il suo emendamento al decreto legge incentivi. Scrivendo: «Le Regioni possono stabilire che l' autorizzazione all' esercizio dell' attività di commercio al dettaglio sia soggetta alla presentazione da parte del richiedente, qualora sia un cittadino extracomunitario, di un certificato attestante il superamento dell' esame di base della lingua italiana». Un secondo emendamento dell' onorevole del Carroccio chiede invece lo stop alle insegne multietniche, in favore dei dialetti. «Le Regioni possono stabilire che l' autorizzazione da parte dei Comuni alla posa delle insegne esterne a un esercizio commerciale è condizionata all' uso di una delle lingue ufficiali dei Paesi appartenenti all' Unione europea ovvero del dialetto locale». Niente più Chinatown. Occorrerà attendere la prossima settimana, quando vi sarà il vaglio di ammissibilità in Parlamento, per capire se le proposte hanno una chance di diventare legge. Non è una novità da parte della Lega Nord, dalle panchine vietati a Treviso da Gentilini alla fine degli anni ' 90 ai divieti di burka, burkini, kebab e altri fastidiosi esotismi in molte città. E non lo è l' idea del test di italiano, perchéa Prato c' è già: nella città toscana il regolamento sull' apertura di negozi, bar e ristoranti da parte degli stranieri prevede che il gestore sia capace di leggere e capire l' italiano, per poter applicare le norme igienico-sanitarie di base e prestare assistenza ai clienti. Per la giunta di centrodestra guidata da Roberto Cenni, il test è un passo verso l' integrazione. «L' esame deve essere accompagnato da tutti i supporti necessari, a partire dai corsi di lingua»

lunedì 12 aprile 2010

Contro la crisi i giovani si reinventano: Intervista con Lorena Arpesella

La seconda “puntata” sul mondo dei pendolari continua e si arricchisce di nuove sfumature…le problematiche dei trasporti lombardi paiono incrociarsi, neanche a farlo apposta, con quelle della crisi e della disoccupazione giovanile. Questa la storia del libro L'ABC del Pendolare...

Ciao Lorena, partiamo subito dal primo interrogativo che mi è venuto in mente leggendo la tua simpatica e veritiera storia…Da che cosa è nata l’idea di partire dalle lettere dell’alfabeto per intitolare e impostare il libro?
Il mezzo pubblico ti condiziona a 360 gradi..non puoi calcolare nulla senza il mezzo pubblico, quindi ti condiziona per l’appunto, dalla a alla z
Quanto ci hai messo a scrivere il libro?
Da che ho preso il diario alla rivisitazione di tutto, da luglio a settembre. Io ho perso il lavoro a luglio, quindi essendo fresca della cosa, ho deciso di buttarmi nella scrittura subito. Mi è venuto tutto di getto perché la motivazione era già dentro di me, dovevo solo esprimerla con la penna.
Hai qualche consiglio per tutti coloro che, alle prime armi con la scrittura, volessero provare ad imboccare la strada che hai cominciato te?
Guarda, è molto semplice, può forse sembrare un messaggio banale ma io la penso cosi’: “LASCIA CHE SIA IL CUORE A MUOVERE LA PENNA E TUTTO VERRA’ MOLTO PIU’ SEMPLICE”
Spesso l’obiettivo di chi scrive un libro è quello di trasmettere un messaggio preciso a chi lo leggerà…nel tuo caso, a parte l’intenzione di rendere partecipi i lettori del quotidiano dei pendolari, hai pensato anche di usarlo per veicolare un messaggio “sociale”(ad esempio quello di sensibilizzare le istituzioni al problema serio dei pendolari..)?
L’ho fatto con 2 intenti principali: Uno scopo generale: rivolgermi alla collettività per sensibilizzare sul problema dei pendolari ma non, come di solito accade, tramite cifre, racconti drammatici o storie di gente arrabbiata, ho deciso di farlo facendo ridere la gente…quindi sono arrivata allo stesso risultato ma penso, in maniera originale..Uno scopo personale: trovare un lavoro, una collaborazione, un qualsiasi cosa che mi consenta di sbarcare il lunario, quindi pensavo che scrivere un libro mi potesse aprire delle porte…al momento collaboro con ALTO MILANESE, un settimanale locale ma 12 euro a pezzo non è purtroppo sufficiente…è certo un lavoro che mi piace tantissimo e io son capace anche di morire tutto il giorno dietro al computer per farlo, ma di certo non mi consente un'indipendenza economica...
Lo so…purtroppo il mondo dell’editoria forse è uno di quei settori che risente di più di questa crisi…so bene che questa passione non paga…
Beh, tu pensa che io mi sono iscritta a mille agenzie interinali…mi sarei accontentata di trovare qualsiasi cosa… anche trovarmi un lavoretto qualsiasi, come commessa, cameriera…basta che non sia in una macelleria o in un salumeria anche perché sono animalista!...(sorride)
Capisco…tornando al tuo libro, nel leggerlo si evince subito che TRENITALIA è forse il nome più citato nei tuoi racconti….quando hai pubblicato il libro, non hai temuto di esporti troppo, che avresti avuto noie da Ferrovie dello Stato?
Ma magari!!!!!!Non si sono fatti sentire, nulla, non si presentano assolutamente! Neanche per controbattere…comunque io non ho alcun timore, anche perché dico la verità e non ho nulla di cui vergognarmi..al massimo sono loro che dovrebbero farlo…
So che tu, anche un po’ a malincuore, come dici in fondo al tuo libro, non sei più pendolare da quando hai perso il lavoro…o meglio, il treno lo continui ad usare ma non quotidianamente giusto?
Esatto, pero’ i miei amici pendolari mi aggiornano sempre sugli sviluppi…infatti continuo ad essere molto informata su tutto, non me ne scappa una!
Confermi quindi che ti manca il tuo essere pendolare?Nonostante i disservizi e le avventure e disavventure?
Si questa nostalgia c’è…mi manca il riscontro sociale, il passare assieme agli altri le stesse vicessitudini …lo stare a parlare sul treno…certo..non mi manca alzarmi alle 5 del mattino…pero’ si la nostalgia c’è….
Alla fine del tuo libro, racconti una storia che mi ha molto incuriosito e fatto sorridere… una tua amica pendolare, una volta cambiato lavoro e casa, non potendo più essere pendolare, ti aveva chiesto di registrare col cellulare la voce dello spiker che annunciava l’arrivo del treno e inviargliela…anche per te la nostalgia è a quei livelli?
Beh diciamo che non sono a quei livelli, anche perché avendo la stazione sotto casa quella voce la sento sempre(sorride)… devo dire che non mi manca alzarmi alle 5 del mattino…pero’ confermo che la nostalgia c’è, mi manca l’adrenalina di ogni mattina per prendere il treno in tempo, quel condividere avventure e sventure con i tuoi compagni di viaggio…come dicevo mi manca il riscontro sociale!
So che probabilmente ci sarà una “seconda puntata” delle tue avventure di viaggio..confermi?
Si, l’idea c’è e il materiale anche, una volta fatta l’ABC del pendolare – che si basa interamente sugli episodi di “andata” dei viaggi- non può mancare che la parte dedicata al “ritorno”…difatti stavolta il libro sarà impostato dalla “Z” alla “A" e racconterò anche di una mia esperienza con il treno Freccia rossa...pero’ non sarà una cosa immediata, adesso ho altre priorità , trovarmi un’occupazione, la cosa più importante….
Ok Lorena, prima di concludere, a te un commento libero su quello che vuoi o un messaggio…
OK:::A A A CERCASI DISPERATAMENTE LAVORO!!!!!!!

G.B






fonte foto: www.cittaoggi.it

venerdì 19 febbraio 2010

L'ABC DEL PENDOLARE...da consumarsi preferibilmente in viaggio



L’ABC DEL PENDOLARE
Di Maria Lorena Arpesella
Edizioni: La Memoria del Mondo, Galliate (Novara) Novembre 2009

Almeno una volta nella vita sarà capitato a tutti di mandare a quel paese l’autobus o il treno dopo aver aspettato più di mezzora - magari anche al freddo e al gelo - il suo arrivo. Almeno una volta nella vita vi sarà anche capitato di avvertire, appena saliti su un mezzo pubblico, una certa qual sensazione, come dire, di “diffuso malessere” una volta dato uno sguardo rapido alle sue condizioni d’igiene…
Insomma che sia un autobus o un treno una cosa è certa: il mezzo pubblico, soprattutto per l’utente abituale, rappresenta sempre un’incognita, che può essere svelata solo una volta affrontato questo “corpo a corpo” quotidiano.
Tuttavia, per il pendolare forse questo corpo a corpo è ancora più impegnativo, considerato che le tratte per giungere al posto di lavoro per chi abita fuori dalla città, sono in genere abbastanza lunghe e soprattutto“obbligate”perché difficilmente sostituibili con altri mezzi pubblici.

Ed è proprio da qui che parte il lavoro di Maria Lorena Arpesella - giovane scrittrice magentina nonché “pendolare doc”- che ha deciso di riassumere, in un libro molto originale e dalle tonalità ironiche e leggere, una storia quotidiana, quella appunto del pendolare, che nella realtà presenta non poca drammaticità. Solo in Lombardia infatti sono 560 mila i cittadini che ogni giorno sono costretti a viaggiare sulle tratte regionali per motivi di lavoro e di studio. Le difficoltà più comuni lamentate sono i frequenti ritardi, le soppressioni immotivate dei treni, le scarsissime condizioni d’igiene. Tutte problematiche che vanno poi a sommarsi allo stress già inevitabilmente legato proprio all’essere pendolare. Stress perché essere pendolare implica spesso molte ore di viaggio da passare quotidianamente sul treno anche dopo una giornata di lavoro full time, orari spesso molto rigidi la mattina e dilatati la sera.
Come dice infatti Maria Lorena Arpesella “Pendolare si nasce” nel senso che non tutti sono disposti e predisposti ad affrontare una vita come quella del pendolare, irta di ostacoli e per questo richiedente un ampio “stress/self control”. Non basta infatti salire su un mezzo pubblico per “improvvisarsi” pendolari. Parafrasando le parole della scrittrice «ci vuole molto di più: resistenza, costanza, prontezza di riflessi, una buone dose di sale in zucca, capacità di affrontare le emergenze e gestire lo stress -peggio di un amministratore delegato-!».

Il libro, originale anche nella struttura, forse per la natura creativa della professione primaria della scrittrice – una grafica editoriale – si presenta come una sorta di “dizionario del pendolare”, dove ad ogni lettera alfabetica corrisponde un titolo ed il racconto di un’avventura sui treni regionali. Già perché quelle che Maria Lorena Arpesella racconta sono delle vere e proprie avventure, del tutto veritiere eccetto per i nomi dei protagonisti, che in prima persona si è trovata a vivere nella sua lunga vita da pendolare (quasi 20 anni). Si parte dalla “A” di abbonamento per finire alla “Z” di Zecche, passando per la “P” di Protesta e la “V” di Vidimazione, tutti termini e argomenti assai familiari ai pendolari. Il tutto condito poi con un’ironia esilarante che, se da una parte permette di sdrammatizzare, dall’altra impone una riflessione seria sulle condizioni disagiate in cui versano i pendolari ogni giorno.

Insomma un libro divertente e piacevole ma allo stesso tempo veicolo di una precisa denuncia sociale contro l’indifferenza e la sordità delle Istituzioni alle proteste di un popolo, quello dei pendolari, che chiede come unico diritto quello “a poter viaggiare in condizioni umane”.
Di certo a Trenitalia, leggendo il libro, fischieranno le orecchie…..

G.B

Per ulteriori informazioni sul mondo dei pendolari e sui problemi dei treni regionali, ecco dei link imperdibili:

http://economiaefinanza.blogosfere.it/2010/02/trenitalia-il-dramma-dei-pendolari-di-milano-biglietti-al-bar-multe-e-controllori-inclementi.html

http://www.ilpendolare.com/


http://unoenessuno.blogspot.com/search/label/pendolari


http://web.tiscali.it/pendolari.mi.no/

venerdì 15 gennaio 2010

Il gelo milanese contro il calore di un unico grido: Basta razzismo






Giovedi ore 18, piazza San Babila, Milano.
Nonostante il freddo pungente, una trentina di persone, per lo più appartenenti ad associazioni culturali di migranti - Un Altro mondo Onlus, Assocafe (Associazione Cultura Arte, Fuerza al Exterior)e Movimento Internazionale LibertAmerica - si sono riuniti nella speranza di sensibilizzare i distratti passanti alla necessità, ora più che mai, di abbracciare una cultura antirazzista e della fratellanza.

Dopo i fatti di Rosarno, dove si è sfiorato lo scoppio di una guerra civile tra i poveri con l'aggravante dell'odio di "razza", una serie di associazioni ed enti che operano su più fronti (dalla difesa dei diritti umani, del lavoro e della politica) ha indetto un ciclo di presidi, manifestazioni e incontri per sensibilizzare l'opinione pubblica così da scongiurare che si ripetano altri dolorosi fatti come quelli accaduti in Calabria.
Tutto è cominciato con il presidio di lunedi 11, indetto da CGIL, CISL E UIL dove hanno aderito moltissimi volti, da associazioni per la difesa dei diritti umani e della salute come Emergency a partiti politici come Rifondazione Comunista, fino ad arrivare a cittadini autonomi.

Il secondo appuntamento lanciato dalla rete di solidarietà era proprio quello di giovedi 14.
Ed è in questa freddissima serata milanese che uomini e donne, per la maggior parte originari dell'America Latina, tra un volantino e l'altro, han creato diversi colorati cartelloni con frasi semplici ma incisive. Un ragazzo mostra fieramente un cartellone "montato"su se stesso che dice "Straniero è l'altro che vive in noi", un altro invece recita "Contro il razzismo e la violenza, giustizia sociale ed accoglienza". Insomma slogan che nella loro semplicità nascondono però un messaggio che, ad oggi, sembra tutt'altro che semplice da trasmettere.

I fatti di Rosarno ricordano che il razzismo, talvolta sottovalutato anche dalle stesse istituzioni, in Italia esiste eccome e, cosa ancor più preoccupante, può andare a braccetto con realtà malavitose organizzate radicate nel territorio.
Ma Rosarno è solo una dei tanti luoghi in cui i diritti del lavoro e della vita civile vengono calpestati, lo sfruttamento esiste in tutta Italia, solo che non fa scalpore perché ancora non si è arrivati, come in Calabria, all'esasperazione.
I passi che ci si aspetta vengano fatti dopo questi avvenimenti sono tanti: da una parte contrastare ogni forma di razzismo, dall'altra tutelare maggiormente i lavoratori e, cosa non da meno, impedire che il lavoro in nero si possa anche soltanto formare.
Questo perché, in un paese dove un agricoltore prende 5 cent a cassetta di arance, purtroppo non è cosa difficile che lo stesso agricoltore ricorra al lavoro in nero.
G.B

per info sulle associazioni citate:

http://www.unaltromondo.it/
http://www.emergency.it/
assocafe@hotmail.it

mercoledì 13 gennaio 2010

Stranieri in lombardia :NON E' LA RELIGIONE A DETERMINARE L'INTEGRAZIONE

Di questi tempi, dove la maggior parte dei comuni lombardi, in testa la Lega, prosegue la sua crociata contro costruzione di eventuali moschee e qualcuno addirittura propone di impiegare denaro pubblico “per convertire gli immigrati islamici al cristianesimo cattolico” ( parole di Matteo Salvini della Lega Nord) le ultime statistiche effettuate dall’ORIM (Osservatorio Regionale per l’Integrazione e la Multietnicità) rivelano che affinità religiosa non significa maggiore facilità d’integrazione.

Questo il risultato delle ricerche pubblicate nel 2009 (con rif. All’anno 2008) sulla popolazione straniera in Lombardia, le quali, testimoniano che non esiste, a dispetto di quanti forse lo credono, un legame effettivo tra diversità di religione d’appartenenza e integrazione nella società Italiana. Infatti, la popolazione che presenta più difficoltà nel percorso d’inserimento - con un indice d’integrazione dello 0.34 - è quella Ucraina di religione cristiano-ortodossa. Molto importante, invece ai fini dell’integrazione, è il titolo di studio raggiunto, il rapporto con la famiglia e l’età in cui l’emigrato è entrato nel paese ospitante. Sono invece fattori indipendenti dall’individuo quali, razzismo, situazione lavorativa e contesto sociale ad influenzare, per più della metà, l’inserimento nella società. Emerge infatti che l’integrazione vada di pari passo con la stabilità lavorativa, domiciliare e familiare.

Le ultime ricerche svolte registrano la maggior parte degli episodi di razzismo proprio nell’ambito scolastico, in particolare nel periodo della scuola secondaria di primo grado e secondaria di secondo grado. E’ proprio alle superiori e alle medie, che si riscontra più del 30% degli abbandoni, ritardi e insuccessi scolastici. Dato non irrilevante, se si considera che il 50% degli alunni d’origine straniera, risultano iscritti nelle scuole di Milano. Infatti, secondo i dati ISTAT riferiti al giugno 2009, dei quasi 4 milioni di stranieri presenti in tutta Italia, solo la Lombardia ne possiede circa il 25%. Brescia supererebbe in presenza straniera le altre province di Milano, per via della numerosità delle industrie presenti sul territorio.

Cifre quindi che parlano chiaro: la Lombardia è una delle regioni a maggiore densità migratoria, soprattutto negli ultimi anni.

G.B

per ulteriori info:
www.istat.it, www.ismu.org/ORIM/

venerdì 8 gennaio 2010

LA REGOLA DELLO STAGE: Più ore gratis che pagate, rare le assunzioni




Questo il “ritratto dello stage” che delineava un’indagine, svolta nel dicembre 2007 dall’Associazione GIDP, (Gruppo Intersettoriale Direttori del Personale) su un campione di 2000 stagisti e 100 imprese italiane. Tale ricerca si era resa necessaria dopo l’allarme lanciato dalla Commissione Europea sull’abuso dello strumento dei tirocini e l’annuncio successivo d’immediati provvedimenti.

Dall’indagine emergeva che il 40% degli stagisti intervistati non aveva percepito alcun rimborso o compenso economico dall’azienda e che solo il 10% aveva ottenuto un rimborso inferiore ai 200 euro. Inoltre, un terzo di essi sosteneva di aver lavorato più di 43 ore settimanali.

Numeri che pesano maggiormente se si considera che molti corsi di laurea prevedono nel piano di studi dei tirocini obbligatori, ai quali quindi lo studente non può sottrarsi se vuole ottenere il titolo di laurea.


LE AZIENDE


Come si apprende dal D.M. n-142 del 1998 che regolamenta le attività di tirocini e stage formativi, è sì vero che lo stage non comporta alcun obbligo retributivo da parte delle aziende solo una, ma è altresì implicito che lo stagista, come confermato anche dagli stessi responsabili degli uffici stage degli atenei, non superi le 40 ore settimanali “legali”di lavoro.
Invece, il 12% degli intervistati per l’indagine, dichiarava di aver lavorato più di 48 ore alla settimana.
Il 51% degli intervistati denunciava inoltre di non essere stato inserito in alcun progetto formativo, ovvero l’insieme delle attività e degli obiettivi da perseguire che il tirocinante firma, in accordo con le aziende e l’università, prima dello stage. Infine, il 55% degli intervistati dichiarava di non aver ricevuto, al termine dello stage, alcuna proposta di contratto occupazionale.
Cifre quindi che parlano chiaro e confermano il fondamento dell’allarme lanciato nel 2007 dalla Commissione Europea.

A seguito della serie d’interventi preannunciati a partire dal 2008, per regolare l’uso dello stage, la domanda che sorge spontanea è se davvero qualcosa sia cambiato.

Una prima risposta, in attesa della prossima e quarta indagine pre-estiva annuale sui giovani stagisti da parte del GIDP, viene dall’ultima ricerca, solo sulle aziende, svolta a maggio 2009 dal medesimo ente.
L’indagine, condotta su 160 aziende medio-grandi perlopiù del Nord, informa che solo una di queste su 5 ha intenzione di assumere ma che ben il 76% pensa di ricorrere agli stage.

Così confermano anche la dott.ssa Veronica L. e la dott.ssa Annalisa C. dell’ufficio Job Placement dell’Università agli Studi Milano-Bicocca, che sottolineano «la richiesta mensile di stagisti da parte delle aziende al nostro ateneo, talvolta arriva anche al centinaio ».
Inoltre, da un’indagine svolta nel periodo compreso tra Aprile 2007 e Dicembre 2008 dallo stesso Ufficio Job Placement, risulta che, su 334 stage conclusi, solo 72 hanno avuto come esito l’offerta di un contratto di lavoro da parte dell’azienda ospitante.

Il problema, prosegue la dott.ssa Annalisa C., è che c’è una tendenza maggiore da parte delle aziende a prorogare i tirocini piuttosto che decidere di trasformare la relazione di stage in un rapporto di lavoro.
Infatti, mentre la legge stabilisce che il massimo della durata di uno stage, almeno in ambito universitario è di 12 mesi con lo stesso progetto formativo, non specifica affatto alcuna limitazione all’azienda in termini di progetti formativi diversi. Il rischio quindi è che l’azienda “passi di stagista in stagista” e che il tirocinante passi da uno stage all’altro senza riuscire ad avere mai un contratto di lavoro a tutti gli effetti.
Infatti, secondo il rapporto ISTAT 2007 sui neolaureati e il mercato del lavoro, soltanto poco più del 40% del totale dei laureati risulta avere un contratto a tempo indeterminato. La dilatazione dei tempi che consegue all’eccesso dell’offerta stage da parte delle aziende, rende poi ancora più lontana una vera e propria immissione nel mercato del lavoro.
Ma non è finita qui: visto che la conseguenza è che l’immissione nel lavoro avvenga in età già avanzata, il rischio è che nella maggior parte delle aziende - che richiedono alle nuove leve anni d’esperienza ad un’età bassa - non ci sia poi alcuna possibilità d’inserimento.

LE UNIVERSITA’


Il ruolo dagli Uffici Job Placement - che si occupano di gestire stage extracurriculari (quindi non sono compresi i tirocini obbligatori) per laureandi e neo-laureati delle università statali, è molto simile a quello di una normale agenzia che si fa intermediaria dell’incontro domanda-offerta. Alle aziende, per farsi promotori di stage, occorre soltanto mandare una mail all’ufficio con un annuncio sull’offerta.
Sono poi i Job Placement ad inviare l’annuncio ai ragazzi, di cui è stata fatta una preselezione sui curriculum in base alla richiesta dell’azienda.
A quel punto, i ragazzi possono decidere se mettersi o meno in contatto con l’azienda personalmente. Da quel momento, le competenze dell’università terminano anche se il laureando o neolaureato può comunque scegliere d’informare l’università sullo svolgimento dello stage. La necessità di una relazione finale ha riguardato soltanto il Progetto FIxO (un progetto che prevede al termine dello stage, un rimborso spese erogato dall’ateneo grazie a fondi stanziati dal Ministero del Lavoro) perché per avere il rimborso era obbligatoria una sintesi precisa dell’esperienza di stage sia da parte dello studente che dell’azienda.

Per quanto riguarda invece gli Uffici Stage degli atenei (ogni ateneo ne ha infatti uno centrale e poi, diversi “periferici” per facoltà) che si occupano unicamente degli stage intracurriculari - quindi previsti per lo più dal piano studi - la procedura è leggermente diversa.
L’azienda interessata a proporre uno stage o tirocinio si registra nel portale stage dell’università e, se questa accetta la proposta e il progetto formativo che l’azienda illustra, allora si stipula una convenzione tra le due parti, da entrambi firmata anche della durata di anni.

Come sottolinea la sig.ra B., unica referente attuale dell’Ufficio Stage Centrale dell’Università Milano-Bicocca, in questo caso, i ragazzi che vogliono iniziare uno stage sono obbligati, al termine di esso, a consegnare una relazione finale e lo stesso devono fare le aziende. Quindi in un certo senso, si può dire che lo stagista intracurriculare sia maggiormente seguito rispetto a quello extracurriculare.

Entrambi gli uffici sottolineano che però lo stagista, sia intracurriculare che extra, ha tutto il diritto, nel caso non vengano rispettati i presupposti che stanno all’origine del rapporto di tirocinio, di abbandonare lo stage quando e se lo ritiene opportuno.
«Spesso è successo che i ragazzi ci chiamassero per chiederci come fare con degli stage che stavano andando male e la prima cosa che di solito suggeriamo è sempre di parlare direttamente con il responsabile aziendale del tirocinio per cercare di risolvere il problema. Se poi questo non funziona ovviamente l’indicazione è di abbandonare immediatamente lo stage» spiegano le referenti dell’Ufficio Job Placement.
Pare dunque che le università, davanti a casi d’abbandoni o di malcontenti, non prendano alcun particolare tipo di provvedimento contro le aziende interessate ma si limitino a consigliare allo studente di abbandonare lo stage o al massimo «Mettere in guardia il prossimo stagista che si propone per il tirocinio da quell’azienda». Questo perché, sostengono i referenti degli uffici preposti, a meno che il problema non sia reiterato e oggettivamente grave, «noi non possiamo intervenire più di tanto sull’azienda».

Ma cosa pensano i ragazzi, protagonisti e vittime di questa situazione?


V. 27 anni di Milano, stage presso una fondazione di conservazione dei beni cinematografici, appena laureata in Scienze dei Beni Culturali alla Statale di Milano.

Sei mesi di stage di cui tre senza rimborso spese e come unica proposta d’assunzione un contratto a progetto di sei ore giornaliere, cinque giorni su sette+due week end al mese compresi, il tutto a 450 euro mensili.«Mi è stato detto che per loro era così e che se a me non andava bene, ne avrebbero trovati altri mille che avrebbero accettato al mio posto».

F. 27 anni di Milano, al terzo tirocinio obbligatorio per potere diventare maestra alla scuola dell’infanzia, è laureanda in Scienze Della Formazione Primaria all’Università Bicocca di Milano

Sei mesi di tirocinio obbligatorio senza alcun compenso o rimborso e, tra materiale didattico ed extra, quasi 70 euro di spese. «Reputo il mio lavoro una passione ma non si vive di solo quello »

G. 27 anni di Milano, stage presso un’associazione per le pari opportunità, si è appena laureata in Scienze Etnologiche e Antropologiche presso l’Università Bicocca di Milano

Tre mesi di stage senza rimborso spese, c’è il suo nome su un’importante ricerca sulla condizione femminile in Lombardia ma al termine dello stage nemmeno una proposta di collaborazione. «Io pensavo che un ente così sensibile ai problemi occupazionali della donna fosse coerente con i principi che difende, ma evidentemente mi sbagliavo»

M. 30 anni di Calco (LC), tirocinio obbligatorio per laurearsi in Disegno Industriale al Politecnico di Milano, ora impiegato a tempo indeterminato in un’ azienda di prodotti multimediali

250 ore di tirocinio presso un’azienda che si occupa di traduzione e recensione di testi multimediali senza alcun rimborso spese e al termine nessuna proposta lavorativa.«Le leggi vanno modificate, lo stage dovrebbe essere finalizzato ad inserirti in un’azienda che ha interesse a puntare su di te. Così, anche se impari delle cose nuove mi sembra una cosa fine a se stessa se non in alcuni casi addirittura uno sfruttamento»


L. 33 anni di Roveda (Mi), tirocinio obbligatorio per laurearsi in Disegno Industriale al Politecnico di Milano, ora impiegata a tempo indeterminato in una multinazionale che si occupa di occhialeria

Tre mesi di stage con un rimborso spese di 300 mila lire (circa 150 euro attuali) presso un’azienda che si occupa di progettazione di gioielli e al termine nessuna proposta lavorativa. « Quando il mio progetto è andato in produzione mi han detto chiaramente che non ci sarebbe stato il mio nome perché questa era la loro “politica interna”».

Questi solo alcuni assaggi del grande malcontento che regna tra gli ex e gli attuali stagisti.

Ma alle critiche si affiancano anche molte proposte. Alcuni dei ragazzi suggeriscono che sarebbe opportuna una legge che ponga “un limite allo stage e agli stage”, altri ancora pensano sia necessario fissare almeno un tetto minimo di rimborso spese a stage, sotto il quale le università non dovrebbero accettare l’offerta di tirocinio dall’azienda. «Anche se siamo degli studenti al momento dello stage, facciamo pur sempre un lavoro che se non fosse fatto da noi dovrebbe essere fatto da qualcun altro a pagamento, quindi perchè non darci nemmeno un rimborso spese?» replica V. «Qui non si sta parlando di avere addirittura uno stipendio, nessuno lo chiede né lo esige, chiediamo solo un minimo di rimborso per quello che ci troviamo a spendere, è una cosa molto diversa» precisa F.
La maggior parte dei ragazzi infatti reputa che lo stage possa essere una buona risorsa, molto utile ai fini di apprendimento personale, soltanto però se adeguatamente regolarizzata.
Ma cosa possono fare nel frattempo i futuri stagisti a parte non smettere mai di chiedere a gran voce una maggiore tutela? Forse le parole di V. possono fungere da valido consiglio « Quando cominci uno stage è necessario porre dei paletti: l’eccessiva disponibilità infatti rischia di essere un’arma a doppio taglio che legittima lo sfruttamento».

G.B

Per chi fosse interessato ad essere a conoscenza dei diritti e delle esperienze degli stagisti, invito a visitare questo sito:
http://www.repubblicadeglistagisti.it/


*immagine tratta da http://jobtalk.blog.ilsole24ore.com/jobtalk/images/2008/05/13/stage_fine_bassa.png

martedì 5 gennaio 2010

Un po' di sana satira al vetriolo

CONCORSI PUBBLICI TRUCCATI? UN RAGIONEVOLE DUBBIO

Che ci si trovi al centro della fredda Milano o della Napoli “anema e core”, la storia dei concorsi pubblici truccati è convinzione condivisa ormai da molti, soprattutto da coloro che almeno una volta nella loro vita hanno tentato l’ingresso nel fantastico mondo del pubblico impiego. Abituati, di questi tempi, alle continue bastonate del ministro Brunetta sui tanti “fannulloni” impiegati nella pubblica professione, verrebbe quasi da dire “ve l’avevo detto” ma forse, a questo punto, la questione merita una riflessione più ampia e soprattuto, a monte.

Se è vero che il mondo del pubblico impiego è pieno di fannulloni, forse la domanda che bisognerebbe farsi è in che modo, tali “mangiapane a tradimento” siano riusciti a ricoprire cariche sicure e rispettabili, suscitando l’invidia della maggior parte dei nuovi lavoratori che si trova a passare da contratti di tre mesi in tre mesi per anni o a fare stage non retribuiti fino a quaranta anni. Ma soprattutto, c’è da chiedersi, come abbiano fatto a scalzare quella miriade di persone oneste, preparate, ma haimé e senza “santi in paradiso”, che ogni giorno tentano di superare i concorsi pubblici del tutto invano. Piuttosto che puntare il dito sui fannulloni e basta, non sarebbe forse il caso di mettere in discussione l’intero sistema di selezione che presenta sempre di più falle e favoritismi in maniera per nulla velata, anzi eclatante? Ecco alcuni esempi.
Ci troviamo a Milano, durante un concorso per titoli finalizzato ad assegnare un posto lavoro a tempo determinato per tre anni presso una delle più importanti Università statali di Milano. I candidati sono solo 5 e la graduatoria per titoli non supera i 3-4 punti a persona. Una ragazza, si presenta alla commissione dicendo che il suo nome non è nella graduatoria e che quindi ci dev’essere un errore perché lei si è regolarmente iscritta inviando il bollettino(condizione indispensabile senza la quale non sarebbe possibile presentarsi alla maggior parte dei concorsi pubblici). Non si sa come, alla fine la ragazza viene accettata lo stesso dopo che il personale di valutazione inscena quasi quaranta minuti di titubanza, sparizioni e ritorni per andare alla ricerca del “bollettino” perduto (che ovviamente poi viene ritrovato).
Dopo i colloqui, in cui si distinguono per bravura due ragazzi che dimostrano di essere preaparatissimi all’argomento, il verdetto è che la suddetta ragazza, che aveva tenuto un colloquio mediocre, viene dichiarata la vincitrice del concorso. Supera addirittura coloro che erano partiti con un punteggio maggiore in graduatoria e tra l’altro, la sommatoria dei suoi punti non viene nemmeno resa nota da subito ma solo resa pubblica alla fine, insieme al punteggio finale che comprende anche l’orale.
Se questo racconto non è bastato a rendere l’idea, eccone un altro.

Ci troviamo a Pavia, durante un concorso per titoli finalizzato ad assegnare un posto a tempo indeterminato presso un ente comunale, nel settore dell’ufficio stampa. I concorrenti addiritura stavolta sono due. Sta per cominciare il colloquio, quando all’ultimo momento compare un terzo concorrente venuto dal nulla, senza addosso nemmeno una giacca che sembrerebbe semplicemente sceso dal piano di sopra. E’ il primo ad essere sentito (a porte chiuse) e successivamente vengono ascoltati anche gli altri due che dichiareranno poi che il colloquio è andato “molto bene”. Bene, il vincitore del concorso è proprio il terzo e “ritardatario” concorrente.
Se anche questo non basta si potrebbe aprire una lunga parentesi sui concorsi di dottorato, ma questo richiede molto spazio e un approfondimento ad hoc. Ad ogni modo, basterebbe aver seguito qualche volta trasmissioni d’inchiesta come Report et similia per farsi un’ idea molto concreta di quello che ci sta dietro.

Insomma i fannulloni ci sono ma perché qualcuno ha interesse che ci siano, altrimenti si impiegherebbero molte più energie per cambiare realmente le cose al principio, non soltanto cercando di punire una categoria, ma piuttosto cercando di impedire che la categoria “fannulloni” si formi in maniera del tutto indisturbata.
Come dice un detto, è sempre meglio prevenire che curare.
G.B