Visualizzazioni totali

venerdì 8 gennaio 2010

LA REGOLA DELLO STAGE: Più ore gratis che pagate, rare le assunzioni




Questo il “ritratto dello stage” che delineava un’indagine, svolta nel dicembre 2007 dall’Associazione GIDP, (Gruppo Intersettoriale Direttori del Personale) su un campione di 2000 stagisti e 100 imprese italiane. Tale ricerca si era resa necessaria dopo l’allarme lanciato dalla Commissione Europea sull’abuso dello strumento dei tirocini e l’annuncio successivo d’immediati provvedimenti.

Dall’indagine emergeva che il 40% degli stagisti intervistati non aveva percepito alcun rimborso o compenso economico dall’azienda e che solo il 10% aveva ottenuto un rimborso inferiore ai 200 euro. Inoltre, un terzo di essi sosteneva di aver lavorato più di 43 ore settimanali.

Numeri che pesano maggiormente se si considera che molti corsi di laurea prevedono nel piano di studi dei tirocini obbligatori, ai quali quindi lo studente non può sottrarsi se vuole ottenere il titolo di laurea.


LE AZIENDE


Come si apprende dal D.M. n-142 del 1998 che regolamenta le attività di tirocini e stage formativi, è sì vero che lo stage non comporta alcun obbligo retributivo da parte delle aziende solo una, ma è altresì implicito che lo stagista, come confermato anche dagli stessi responsabili degli uffici stage degli atenei, non superi le 40 ore settimanali “legali”di lavoro.
Invece, il 12% degli intervistati per l’indagine, dichiarava di aver lavorato più di 48 ore alla settimana.
Il 51% degli intervistati denunciava inoltre di non essere stato inserito in alcun progetto formativo, ovvero l’insieme delle attività e degli obiettivi da perseguire che il tirocinante firma, in accordo con le aziende e l’università, prima dello stage. Infine, il 55% degli intervistati dichiarava di non aver ricevuto, al termine dello stage, alcuna proposta di contratto occupazionale.
Cifre quindi che parlano chiaro e confermano il fondamento dell’allarme lanciato nel 2007 dalla Commissione Europea.

A seguito della serie d’interventi preannunciati a partire dal 2008, per regolare l’uso dello stage, la domanda che sorge spontanea è se davvero qualcosa sia cambiato.

Una prima risposta, in attesa della prossima e quarta indagine pre-estiva annuale sui giovani stagisti da parte del GIDP, viene dall’ultima ricerca, solo sulle aziende, svolta a maggio 2009 dal medesimo ente.
L’indagine, condotta su 160 aziende medio-grandi perlopiù del Nord, informa che solo una di queste su 5 ha intenzione di assumere ma che ben il 76% pensa di ricorrere agli stage.

Così confermano anche la dott.ssa Veronica L. e la dott.ssa Annalisa C. dell’ufficio Job Placement dell’Università agli Studi Milano-Bicocca, che sottolineano «la richiesta mensile di stagisti da parte delle aziende al nostro ateneo, talvolta arriva anche al centinaio ».
Inoltre, da un’indagine svolta nel periodo compreso tra Aprile 2007 e Dicembre 2008 dallo stesso Ufficio Job Placement, risulta che, su 334 stage conclusi, solo 72 hanno avuto come esito l’offerta di un contratto di lavoro da parte dell’azienda ospitante.

Il problema, prosegue la dott.ssa Annalisa C., è che c’è una tendenza maggiore da parte delle aziende a prorogare i tirocini piuttosto che decidere di trasformare la relazione di stage in un rapporto di lavoro.
Infatti, mentre la legge stabilisce che il massimo della durata di uno stage, almeno in ambito universitario è di 12 mesi con lo stesso progetto formativo, non specifica affatto alcuna limitazione all’azienda in termini di progetti formativi diversi. Il rischio quindi è che l’azienda “passi di stagista in stagista” e che il tirocinante passi da uno stage all’altro senza riuscire ad avere mai un contratto di lavoro a tutti gli effetti.
Infatti, secondo il rapporto ISTAT 2007 sui neolaureati e il mercato del lavoro, soltanto poco più del 40% del totale dei laureati risulta avere un contratto a tempo indeterminato. La dilatazione dei tempi che consegue all’eccesso dell’offerta stage da parte delle aziende, rende poi ancora più lontana una vera e propria immissione nel mercato del lavoro.
Ma non è finita qui: visto che la conseguenza è che l’immissione nel lavoro avvenga in età già avanzata, il rischio è che nella maggior parte delle aziende - che richiedono alle nuove leve anni d’esperienza ad un’età bassa - non ci sia poi alcuna possibilità d’inserimento.

LE UNIVERSITA’


Il ruolo dagli Uffici Job Placement - che si occupano di gestire stage extracurriculari (quindi non sono compresi i tirocini obbligatori) per laureandi e neo-laureati delle università statali, è molto simile a quello di una normale agenzia che si fa intermediaria dell’incontro domanda-offerta. Alle aziende, per farsi promotori di stage, occorre soltanto mandare una mail all’ufficio con un annuncio sull’offerta.
Sono poi i Job Placement ad inviare l’annuncio ai ragazzi, di cui è stata fatta una preselezione sui curriculum in base alla richiesta dell’azienda.
A quel punto, i ragazzi possono decidere se mettersi o meno in contatto con l’azienda personalmente. Da quel momento, le competenze dell’università terminano anche se il laureando o neolaureato può comunque scegliere d’informare l’università sullo svolgimento dello stage. La necessità di una relazione finale ha riguardato soltanto il Progetto FIxO (un progetto che prevede al termine dello stage, un rimborso spese erogato dall’ateneo grazie a fondi stanziati dal Ministero del Lavoro) perché per avere il rimborso era obbligatoria una sintesi precisa dell’esperienza di stage sia da parte dello studente che dell’azienda.

Per quanto riguarda invece gli Uffici Stage degli atenei (ogni ateneo ne ha infatti uno centrale e poi, diversi “periferici” per facoltà) che si occupano unicamente degli stage intracurriculari - quindi previsti per lo più dal piano studi - la procedura è leggermente diversa.
L’azienda interessata a proporre uno stage o tirocinio si registra nel portale stage dell’università e, se questa accetta la proposta e il progetto formativo che l’azienda illustra, allora si stipula una convenzione tra le due parti, da entrambi firmata anche della durata di anni.

Come sottolinea la sig.ra B., unica referente attuale dell’Ufficio Stage Centrale dell’Università Milano-Bicocca, in questo caso, i ragazzi che vogliono iniziare uno stage sono obbligati, al termine di esso, a consegnare una relazione finale e lo stesso devono fare le aziende. Quindi in un certo senso, si può dire che lo stagista intracurriculare sia maggiormente seguito rispetto a quello extracurriculare.

Entrambi gli uffici sottolineano che però lo stagista, sia intracurriculare che extra, ha tutto il diritto, nel caso non vengano rispettati i presupposti che stanno all’origine del rapporto di tirocinio, di abbandonare lo stage quando e se lo ritiene opportuno.
«Spesso è successo che i ragazzi ci chiamassero per chiederci come fare con degli stage che stavano andando male e la prima cosa che di solito suggeriamo è sempre di parlare direttamente con il responsabile aziendale del tirocinio per cercare di risolvere il problema. Se poi questo non funziona ovviamente l’indicazione è di abbandonare immediatamente lo stage» spiegano le referenti dell’Ufficio Job Placement.
Pare dunque che le università, davanti a casi d’abbandoni o di malcontenti, non prendano alcun particolare tipo di provvedimento contro le aziende interessate ma si limitino a consigliare allo studente di abbandonare lo stage o al massimo «Mettere in guardia il prossimo stagista che si propone per il tirocinio da quell’azienda». Questo perché, sostengono i referenti degli uffici preposti, a meno che il problema non sia reiterato e oggettivamente grave, «noi non possiamo intervenire più di tanto sull’azienda».

Ma cosa pensano i ragazzi, protagonisti e vittime di questa situazione?


V. 27 anni di Milano, stage presso una fondazione di conservazione dei beni cinematografici, appena laureata in Scienze dei Beni Culturali alla Statale di Milano.

Sei mesi di stage di cui tre senza rimborso spese e come unica proposta d’assunzione un contratto a progetto di sei ore giornaliere, cinque giorni su sette+due week end al mese compresi, il tutto a 450 euro mensili.«Mi è stato detto che per loro era così e che se a me non andava bene, ne avrebbero trovati altri mille che avrebbero accettato al mio posto».

F. 27 anni di Milano, al terzo tirocinio obbligatorio per potere diventare maestra alla scuola dell’infanzia, è laureanda in Scienze Della Formazione Primaria all’Università Bicocca di Milano

Sei mesi di tirocinio obbligatorio senza alcun compenso o rimborso e, tra materiale didattico ed extra, quasi 70 euro di spese. «Reputo il mio lavoro una passione ma non si vive di solo quello »

G. 27 anni di Milano, stage presso un’associazione per le pari opportunità, si è appena laureata in Scienze Etnologiche e Antropologiche presso l’Università Bicocca di Milano

Tre mesi di stage senza rimborso spese, c’è il suo nome su un’importante ricerca sulla condizione femminile in Lombardia ma al termine dello stage nemmeno una proposta di collaborazione. «Io pensavo che un ente così sensibile ai problemi occupazionali della donna fosse coerente con i principi che difende, ma evidentemente mi sbagliavo»

M. 30 anni di Calco (LC), tirocinio obbligatorio per laurearsi in Disegno Industriale al Politecnico di Milano, ora impiegato a tempo indeterminato in un’ azienda di prodotti multimediali

250 ore di tirocinio presso un’azienda che si occupa di traduzione e recensione di testi multimediali senza alcun rimborso spese e al termine nessuna proposta lavorativa.«Le leggi vanno modificate, lo stage dovrebbe essere finalizzato ad inserirti in un’azienda che ha interesse a puntare su di te. Così, anche se impari delle cose nuove mi sembra una cosa fine a se stessa se non in alcuni casi addirittura uno sfruttamento»


L. 33 anni di Roveda (Mi), tirocinio obbligatorio per laurearsi in Disegno Industriale al Politecnico di Milano, ora impiegata a tempo indeterminato in una multinazionale che si occupa di occhialeria

Tre mesi di stage con un rimborso spese di 300 mila lire (circa 150 euro attuali) presso un’azienda che si occupa di progettazione di gioielli e al termine nessuna proposta lavorativa. « Quando il mio progetto è andato in produzione mi han detto chiaramente che non ci sarebbe stato il mio nome perché questa era la loro “politica interna”».

Questi solo alcuni assaggi del grande malcontento che regna tra gli ex e gli attuali stagisti.

Ma alle critiche si affiancano anche molte proposte. Alcuni dei ragazzi suggeriscono che sarebbe opportuna una legge che ponga “un limite allo stage e agli stage”, altri ancora pensano sia necessario fissare almeno un tetto minimo di rimborso spese a stage, sotto il quale le università non dovrebbero accettare l’offerta di tirocinio dall’azienda. «Anche se siamo degli studenti al momento dello stage, facciamo pur sempre un lavoro che se non fosse fatto da noi dovrebbe essere fatto da qualcun altro a pagamento, quindi perchè non darci nemmeno un rimborso spese?» replica V. «Qui non si sta parlando di avere addirittura uno stipendio, nessuno lo chiede né lo esige, chiediamo solo un minimo di rimborso per quello che ci troviamo a spendere, è una cosa molto diversa» precisa F.
La maggior parte dei ragazzi infatti reputa che lo stage possa essere una buona risorsa, molto utile ai fini di apprendimento personale, soltanto però se adeguatamente regolarizzata.
Ma cosa possono fare nel frattempo i futuri stagisti a parte non smettere mai di chiedere a gran voce una maggiore tutela? Forse le parole di V. possono fungere da valido consiglio « Quando cominci uno stage è necessario porre dei paletti: l’eccessiva disponibilità infatti rischia di essere un’arma a doppio taglio che legittima lo sfruttamento».

G.B

Per chi fosse interessato ad essere a conoscenza dei diritti e delle esperienze degli stagisti, invito a visitare questo sito:
http://www.repubblicadeglistagisti.it/


*immagine tratta da http://jobtalk.blog.ilsole24ore.com/jobtalk/images/2008/05/13/stage_fine_bassa.png

3 commenti:

  1. mi ci rivedo un pò anchio...
    forse la maggior parte di noi...
    fra

    RispondiElimina
  2. Di blog ce ne sono innumerevoli ma tu hai scelto un taglio originale e fecondo: invece che parlare di te stessa affronti alcuni dei fenomeni sociali dei quali la grande stampa si occupa poco e male.
    Complimenti dunque e prosegui così. Migliorerai sempre più. Un abbraccio, Alberto

    RispondiElimina