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giovedì 1 marzo 2012

DIETRO LE SBARRE - dossier sulle carceri italiane attraverso gli occhi di un insegnante




"...E sono anche schifato sai?
C'è bruttezza intorno a noi
e la gente pare non capire.
Progredire non vuol dire
che ogni cura è possibile,
se la cura è mutilare
la nostra società.
Progredire è riconoscere
come sia difficile
star sicuri che
la ragione è qua
e il torto là."


Così scrivevano i Marlene Kuntz in“Canzone in prigione”, contributo musicale del gruppo alla colonna sonora del film (2009) “Tutta colpa di Giuda”(2009) di Davide Ferrario e contenuta anche nell’ultima raccolta “Canzoni per un figlio”(2012). E’ tra l’altro fresco di vincita dell’Orso D’oro di Berlino l’ultimo film dei fratelli Taviani “Cesare deve morire”  che documenta, attraverso l’occhio del teatro shakespeariano, la vita dei detenuti di Rebibbia. Negli anni, quindi, sono stati diversi gli  esponenti della cultura e del mondo musicale che hanno deciso di dedicare canzoni, film, opere teatrali o documentari alla vita nelle carceri, o parlandone apertamente, o utilizzando la descrizione della vita del recluso come metafora della vita quotidiana.
“Tra i miei denti c’è più sole che nei vostri paradisi e le vostre museruole non cancellano i sorrisi, ora che avete preso tutto, deturpato la mia aria, io respirerò il silenzio per pensare quando è sera e pensare a come fare a stare in piedi in mezzo al nulla, scivolando sul  sapone di cui è fatta questa bolla” (Io?Drama “Nel Naufragio” 2010 Album: "Da consumarsi entro la fine")."
Ma com’è DAVVERO la vita nelle carceri…? Siamo abituati a riscontrare nell’opinione pubblica due punti di vista contrapposti: quello di coloro che si lamentano che la vita dei detenuti sia anche troppo “semplice” e che in Italia si faccia generalmente “troppo poco carcere” in quanto basta una buona condotta per avere degli sconti notevoli sulla pena, e quello di chi invece abbraccia la causa dei detenuti e si batte per il miglioramento delle loro condizioni soprattutto in materia di sovraffollamento delle celle e negazione dei diritti umani fondamentali come la cura e l’assistenza. Così si legge dal sito www.notizieradicali.it
La condizione spaventosa delle carceri e degli ospedali psichiatrici giudiziari fa sì che i nostri istituti di detenzione somiglino sempre più a imprese pubbliche per lo smaltimento industriale dei rifiuti sociali che non a istituzioni giuridiche orientate allo scopo di soddisfare le esigenze della deterrenza, della neutralizzazione o della retribuzione (per non parlare del recupero dei condannati, ché sarebbe pretendere troppo). In effetti, non è esagerato dire che il sistema penitenziario italiano esibisce i difetti tipici delle peggiori galere del Terzo Mondo, ma con indicatori paragonabili a quelli del Primo Mondo dal punto di vista delle sue dimensioni, del suo radicamento urbano e della cosciente indifferenza mostrata dalla classe politica e da un’opinione pubblica ormai assuefatta agli eccessi punitivi.” 
Al di là delle parti, una cosa è certa: sicuramente i dati forniti  dal dossier “Morire in carcere”  a cura del Centro Studi di Ristretti Orizzonti  di Padova fa venire i brividi.  Solo nel 2011, nelle carceri italiane i morti sono stati 186 di cui 66 suicidi. Nel dossier si possono trovare tutti i nomi e cognomi delle vittime nonché la loro causa di morte e il loro Istituto di detenzione. Se poi aggiungiamo, soprattutto quando si parla di suicidio, che i morti non sono solo tra i detenuti ma sempre di più anche tra gli agenti della polizia penitenziaria,  questo dovrebbe fare riflettere sulla condizione estremamente degradante della vita nelle carceri, non solo per chi vi è recluso  ma anche per chi vi lavora. L’ultimo suicidio è avvenuto proprio a febbraio, nel casertano, dove un agente di polizia penitenziaria in servizio a Rebibbia si è impiccato nella sua casa.( http://www.repubblica.it/cronaca/2012/02/18/news/carceri_suicida-30107409/index.html?ref=search)

Ed è proprio una testimonianza di chi lavora all’interno delle carceri che qui vi propongo, perché forse ascoltare chi ogni giorno è a contatto che questa realtà e la vive dall’interno è senz’altro più utile di meri punti di vista esterni.
Per motivi di privacy la persona che mi ha concesso il suo tempo per capire, scandagliare, farmi un’idea più concreta di quella che è la vita nelle carceri, ha preferito che il suo nome non comparisse e io non posso fare  altro che rispettare la sua volontà, considerando la delicatezza del tema. 

“X” di mestiere fa l’insegnante e da diversi anni presta servizio presso la casa di reclusione di Opera (Milano), meglio noto forse per la presenza al suo interno del cosiddetto circuito carcerario speciale "41 bis" una sorta di “carcere duro”, applicato a detenuti ritenuti colpevoli di reati particolarmente gravi, introdotto con la legge 10/10/86 n. 663 promulgata a seguito delle stragi di Capaci e di via d'Amelio, ove trovarono la morte i magistrati Giovanni Falcone e Paolo Borsellino.  Tra i detenuti più “conosciuti” dalla cronaca italiana, all’interno del 41 bis di Opera, vi é il ben noto mafioso Salvatore Riina .

Parliamo prima di tutto della struttura della casa di Reclusione di Opera, come è organizzata?
Il Carcere d’Opera ha in carico tre categorie di detenuti:
1-quelli a regime di Alta Sicurezza (circuito A.S)
2-quelli “protetti” ( accusati di reati sessuali e collaboratori di giustizia)
3- quelli “comuni” (ovvero dall’omicida all’accusato di furto o spaccio)  
Queste categorie non possono stare insieme quindi hanno spazi fisici diversi e di conseguenza anche classi (per quanto riguarda il mio lavoro) diverse.
Infatti ora volevo entrare proprio nel merito della tua professione, come si configura in un carcere la disciplina dell’insegnamento?
Innanzitutto la partecipazione alle lezioni è facoltativo, non trattandosi di minori, (ndr la casa di reclusione di Opera non ha né l’area femminile, che è stata recentemente spostata per dare spazio al 41 bis né quella minorile) una persona può scegliere liberamente se partecipare o meno alle lezioni. Proprio perché si tratta di adulti, spesso i percorsi di formazione sono per lo più di aggiornamento culturale .
Vista l’estrema particolarità del contesto in cui svolgi la tua professione mi chiedevo quali sono i problemi quotidiani che più comunemente te o tutti coloro che fanno il tuo stesso lavoro si trovano a dover affrontare…immagino che non sia semplice avere a che fare con persone magari accusate di omicidio o altri crimini gravi..
Guarda, i problemi variano da persona a persona, siamo individui diversi con mentalità e sensibilità diverse, quindi ognuno reagisce in base alla sua sopportazione rispetto alla situazione “limite” che ovviamente comporta lavorare in carcere. Io, per conto mio, per fortuna non ho mai avuto, nel corso della mia carriera, grossi problemi a rapportarmi con queste persone…del resto, tieni conto del fatto che tu come insegnante non sei al corrente del crimine che la persona che hai davanti ha commesso.
Ah si? Ero convinta invece che voi foste informati per una questione di trasparenza...
In realtà no… a meno che un detenuto non decida di parlarti del suo crimine (è capitato qualche volta che qualcuno ti parlasse del reato di cui era stato accusato per far passare la sua innocenza o estraneità ai fatti) noi non abbiamo in mano queste informazioni..o meglio, tu come individuo puoi anche indagare o chiedere delle informazioni relative agli studenti per conto tuo ma è chiaro che la maggior parte di noi ritiene che sia meglio non saperlo….questo perché ovviamente renderebbe un lavoro come il nostro quasi impossibile da affrontare. 
Comunque, nella mia esperienza, le difficoltà maggiori le ho potute riscontrare nelle insegnanti donne. Questo non vuol dire che la donna sia meno in grado di affrontare il suo lavoro anzi (ndr in carcere LE  insegnanti superano in numero GLI insegnanti) ma semplicemente che è umanamente comprensibile che una donna, in un carcere dove, ricordiamo, c’è una fortissima prevalenza maschile tra i detenuti (ad Opera poi le donne non ci sono nemmeno più), possa nutrire più facilmente il timore di trovarsi da sola per così dire “a tu per tu” con il killer di turno (che magari ha ucciso proprio delle donne ad esempio!) di quanto non lo tema un insegnante uomo. Purtroppo è capitato anche che qualcuna, avendo voluto informarsi su un suo studente,  ne sia uscita poi ragionevolmente turbata o spaventata.

Capisco, dev’essere terribile…ma mi chiedo, quando fate lezione, vi sentite sicuri/ protetti? Ci sono le guardie penitenziarie in classe? Quanti alunni sono ammessi ?
Mah…considera che i detenuti sono costantemente controllati per evitare che portino con sé qualsiasi cosa che possa anche solo lontanamente fungere da arma. Quando entrano in classe sono scortati da una o due guardie che poi restano fuori dalla porta per tutta la durata delle lezione. In ogni classe c’è un campanello che possiamo usare se succede qualcosa…ma ti dirò, nella mia carriera, per fortuna, non mi è mai capitato di doverlo usare...
I detenuti comunque sanno bene che non gli conviene fare gesti impropri se non vogliono che tutto si ripercuota sulla loro pena. Per loro l’insegnante è una persona che viene da fuori con cui poter finalmente parlare e confrontarsi, e poi, essendo volontaria la partecipazione alla lezione, di solito coloro che vi partecipano sono animati da buoni propositi. Il numero degli allievi nelle classi invece varia da 5 a 20 persone ma la media è di circa una decina.
Vorrei ora parlare di un argomento che mi sta molto a cuore per la sua estrema drammaticità e  contemporaneità…si parla tanto di morti in carcere e l’opinione pubblica ultimamente è stata anche scossa da diverse campagne (per lo più ad opera del partito Radicale ma non solo) per ”l’umanizzazione delle carceri”…volevo chiedere, secondo la tua esperienza personale, che ne pensavi. Innanzitutto, hai vissuto nella tua carriera episodi drammatici come la morte di qualche tuo allievo?
 Purtroppo si, nella mia carriera mi è capitato tre volte e si trattava di suicidi. La cosa davvero triste è che nessuno te lo comunica ufficialmente, lo vieni a sapere dai compagni o semplicemente lo deduci perché all’improvviso questa persona non si presenta più a lezione, allora fai delle domande e scopri che si è tolta la vita. Capita la stessa impietosa indifferenza quando qualcuno viene all’improvviso trasferito o malmenato, non lo vedi più a lezione…anche in quel caso lo sai dai compagni. Purtroppo è una cosa con cui, se lavori in un carcere devi fare i conti .…
A parte il caso limite della non curanza rispetto alla morte, quali altre cose ti senti di rivendicare che secondo te in carcere dovrebbero essere cambiate o rinnovate?
Sicuramente è questa “ossessione della sicurezza”, non che la sicurezza non ci debba essere, ma è il modo in cui è mantenuta che trovo francamente ossessivo. Questo impedisce un approccio moderno alla questione. Ti faccio un esempio: i detenuti non hanno internet per ovvie ragioni di “sicurezza” ma a nessuno è mai venuto in mente che basterebbe mettere dei filtri e dei controlli seri per permettere loro almeno d’informarsi su quello che succede nel mondo. L’altro annoso problema è quello del sovraffollamento, la legge dice che tu hai diritto a stare da solo, invece questo non capita mai. In cella il più delle volte vieni messo con qualcun altro –nota bene: la cella media ha circa una capienza di 3 metri per 3 e dentro c’è il bagno, il letto, “l’angolo cucina” (se cosi’ lo vogliamo chiamare) – e anche lì, devi sperare che quello che ti capita come coinquilino non sia un pazzo. Tutto questo si potrebbe evitare se le carceri non venissero riempite di gente in attesa di giudizio e che quindi non è ancora stata ufficialmente giudicata colpevole del reato imputatogli. In una casa di reclusione dovresti andarci soltanto con la pena definitiva.
Invece per quanto riguarda diritti fondamentali come la cura o l’assistenza cosa puoi dirmi? Vengono seguite le persone ammalate?
Quello si, almeno ad Opera, ma ti devi prenotare per ricevere le cure  tempo prima. L’altro punto dolente è il cibo. Puoi anche scegliere di non mangiare il cibo fornito dall’amministrazione, ma se decidi di fare la tua spesa (o meglio incaricare i servizi preposti a farti la spesa) può capitarti che lo stesso caffé o lo stesso pane che noi paghiamo al supermercato 1 o 2 euro, tu detenuto lo possa ottenere solo a prezzi maggiorati. Questo perché non c’è alcun controllo in questo senso. Il cibo ovviamente non viene comprato direttamente all’Esselunga o alla Coop per dire, ma ci sono degli intermediari che si occupano di rifornire le carceri con i prodotti dei supermercati della zona, quindi i prezzi lievitano.  (nrd. Da un Dossier sugli appalti per il vitto e il sopravvitto nelle carceri italiane dell’associazione Ristretti orizzonti di Padova, si evince che il prezzo sale soprattutto perché ai detenuti non viene data né la possibilità di scelta nell’acquisto –tra marca A e marca B ad esempio- né vengono  loro proposte le offerte speciali).
Oltre a questo problema dei sovrapprezzi quali sono le cose che maggiormente lamentano i detenuti?
Nella mia esperienza posso dire che le persone con cui ho parlato si lamentavano per lo più del trattamento di alcune guardie e della scarsa presenza degli educatori, ma i problemi sarebbero anche tanti altri…per esempio quello della difficoltà a socializzare….sempre per motivi di “sicurezza”, due detenuti di celle diverse difficilmente possono mangiare insieme. Ci sono dei limiti molto forti all’aggregazione sociale. L’unico vero momento di condivisione, oltre che la lezione (se ci vai )sono le cosiddette “ore d’aria” (ndr…di solito le 4 o 2 ore d’aria - a seconda dei casi-non sono altro che la possibilità di vedere un lembo di cielo tra 4 mura altissime in un cortile con il pavimento di cemento). Ad Opera non esiste nemmeno più la biblioteca (…)Trovo molto grave questa mancanza…forse perché s’ignora il potere rieducativo dei libri e della cultura in generale?
I detenuti quindi, in soldoni, che cosa hanno a disposizione nella propria cella?
Un fornellino da campeggio (quindi con bombola a gas) per cucinare, una brandina per dormire, un tavolo, un angolo adibito a bagno nella maggior parte dei casi senza doccia (quando non ci sono nella cella, le stanze docce sono più o meno una per sezione), delle lamette per farsi la barba, una tv. Gli interruttori della Tv e delle luci sono esterni...come dicevo il tutto in una cella in circa 3 metri per 3 dove non sei quasi mai da solo. Un tempo i water non erano nemmeno “separati” dal resto della “camera”…. e Opera non è messo male come invece lo sono altre carceri. (ndr: nella maggior parte delle carceri italiane le celle sono, non solo sovraffollate, ma anche sporche e igienicamente inadeguate. nel carcere di Sassari, ad esempio, il bagno altro non è che un buco posto al centro della cella. Al carcere dell’Ucciardone di Palermo, topi e scarafaggi girano liberamente. Non a caso sono innumerevoli i casi di detenuti colpiti da malattie, per noi ormai sconosciute, come la scabbia e non solo (http://www.ilpost.it/riccardoarena/2011/05/12/cosa-sono-le-carceri-in-italia/ http://www.youtube.com/watch?v=MGagT3BpMWM&feature=related)
Ma le lamette e il fornelletto non sono pericolosi?
Certo che lo sono, difatti accade che qualcuno tenti il suicidio proprio con il gas o l’incendio della cella, ma al momento nessuno si è preoccupato di “prevenire” queste evenienze. ..
Prima di terminare, vorrei che mi riassumessi in poche parole com’è tutte le mattine il tuo ingresso nel Carcere d’Opera, nonché tuo posto di lavoro quotidiano…immagino non sia come l’ingresso mattutino in una qualsiasi scuola o azienda (…)
Tutte le mattine quando arrivo alle porte del carcere, timbro il cartellino, mostro il documento (ndr si tratta di un documento che t’identifica e attesta che lavori presso il carcere come docente), deposito cellulare e qualsiasi oggetto metallico, passo sotto il metal detector, arrivo nell’”area pedagogica” , raggiungo la mia classe e comincio la mia lezione.
Direi che hai perfettamente reso l’idea…ti ringrazio moltissimo per il tempo che mi hai dedicato, il tuo apporto è stato molto utile e “illuminante”….

E’ così che si conclude la conversazione con “X”…certamente per molti rappresenterà un punto di vista discutibile anche perché la prima obiezione che  spesso si sente davanti alla proposta di migliorare le condizioni delle carceri è “beh ma stiamo parlando di carceri mica di Hotel!”….credo che la risposta più indicata provenga da queste parole..

 “I detenuti hanno diritto, al pari dei cittadini in stato di libertà, alla erogazione delle prestazioni di prevenzione, diagnosi, cura e riabilitazione, efficaci ed appropriate”.  

Non si tratta di un’opinione di un deputato dei radicali ma semplicemente di una legge.La legge 230 del 1999  che ha trasferito la sanità penitenziaria dal Ministero della Giustizia al Servizio pubblico Nazionale, ovvero alle Asl…..una legge definita epocale per la sua novità che però, ad oggi, poco o niente ha cambiato sul fronte della tutela del rispetto del diritto alla salute dei detenuti.

Termino questo dossier fornendo una serie di link interessanti che sicuramente possono fare maggiore luce sulla situazione carceraria e tutto ciò che vi gira intorno:
Siti informativi sulla situazione delle carceri italiane:
 Consigli musicali sul tema:

immagini tratte da

7 commenti:

  1. Davvero interessante e drammatica questa testimonianza.
    Grazie Giulia.

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  2. grazie mille...spero che serva per alimentare il dibattito..purtroppo se ne parla sempre troppo poco...colgo l'occasione per segnalare un'altra interessante inchiesta che ho trovato oggi su www.corriere.it...ecco il link:

    http://www.corriere.it/inchieste/viaggio-dentro-carceri-italiani-dove-sovraffollamento-148percento-peggiore-europa-la-serbia/5314e79e-63bc-11e1-b5fe-fe1dee297a67.shtml

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  3. brava, un dossier molto ben realizzato

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    1. complimenti per il reportage...veramente interessante leggere una testimonianza del genere..di qualcuno che vive tutti i giorni a stretto contatto con queste realtà difficili e troppo spesso dimenticate e poco conosciute. A mio parere una buona rieducazione e futuro reinserimento nella società parte anche delle cose base come l'approccio scolastico. Purtroppo c'è ancora tanta gente che non la pensa così e che vorrebbe soltanto buttar via la chiave
      C.

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  4. complimenti per il post. leggiti anche il libro di Candido Cannavò, è stupendo!

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  5. Ciao Auryn!Grazie mille del consiglio!!!!!Infatti il libro lo sto già cercando:-))))

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  6. CIAO A TUTTI, IN RAPPORTO AD UN PUNTO SOLLEVATO SU QUESTA INTERVISTA, HO UNA BUONA NOTIZIA DA DARE AI LETTORI. LA FAMOSA BIBLIOTECA DI CUI LAMENTAVA LA MANCANZA IL MIO INTERVISTATO IN RALTA' ERA STATA SOLO MOMENTANEAMENTE SPOSTATA E ORA TROVA UNA STABILE COLLOCAZIONE ALL'INTERNO DEL CARCERE. NON SOLO, DA POCO E' STATA IL LUOGO DA CUI E' PARTITO UNO STRAORDINARIO PROGETTO CHIAMATO "LEGGERE LIBERA-MENTE", CHE SI RITROVA SINTETIZZATO NEL RECENTE FILM DOCUMENTARIO "LEVARSI LA CISPA DAGLI OCCHI" CHE E' STATO PRESENTATO SETTIMANA SCORSA PRESSO IL CINEMA ANTEO DI MILANO (LINK: https://www.facebook.com/Levarsilacispadagliocchi). IL FILM TRATTA DEL PERCORSO CULTURALE FATTO DA ALCUNI DETENUTI TRAMITE DEI LABORATORI DI LETTURA E SCRITTURA TENUTASI PROPRIO ALL'INTERNO DEL CARCERE D'OPERA. IL LIBRO DIVENTA QUINDI UNO STRUMENTO DI CRESCITA PERSONALE E DI "LIBERTA'" DI ESPRESSIONE PROPRIO DIETRO LE QUATTRO MURA DELLA PROPRIO CELLA...UNO STRUMENTO IN GRADO DI AIUTARE IL PERCORSO DI DETENZIONE, TRASFORMANDOLO IN VEICOLO DI AUTOCOSCIENZA E CAMBIAMENTO.....CONSIGLIO A TUTTI DI VEDERE IL FILM...!

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