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giovedì 14 marzo 2013

Si respira "Aria Precaria": Intervista con Sara Root

 
Oggi vorrei parlarvi di Aria Precaria, un originale romanzo che narra, in chiave sottilmente ironica ma non troppo, le molteplici disavventure di una giovane precaria.
Pubblicato nel 2012 da Cairo editore, Aria Precaria è l'esilarante frutto letterario che nasce dalla lunga"collezione" di brutte esperienze lavorative che, dall'età universitaria al recentissimo presente dopo la laurea, "accumula" la giovane protagonista e autrice del romanzo, Sara Root.
Vicessitudini, che in realtà, tutto sembrano tranne che c'entrare con il normale significato che dovrebbe rievocare il termine "lavoro": ovvero un'esperienza professionale retribuita e (possibilmente) tutelata.
Si alternano così esperienze di stage gratis ma a tempo indeterminato ad episodi di lavori dall'orario flessibilmente lungo ma dallo stipendio decisamente corto, senza parlare poi del cospicuo quantitativo di proposte lavorative quanto allettanti tanto "fantasma".
La componente "fantasma" si esprime in più versanti, dall'offerta lavorativa in sé ai pagamenti, documentati da fantasiose buste paga ma, di fatto, mai arrivati.
Succede così che una proposta lavorativa venga "sponsorizzata" in un modo per poi essere inspiegabilmente "negata" o pretesa in un altro. Oppure, che invece di crescere il conto in banca, si alzi soltanto la pila cartacea delle comunicazioni di bonifici inesistenti.
Questo è quello che succede a Sara, ma, se guardiamo bene, altro non é che ciò che accade ogni giorno, a tutti quei giovani che da un po' di anni a questa parte, stanno cercando di entrare con fatica in un mondo del lavoro che non li vuole.
Aria precaria è decisamente il romanzo di una generazione, che si é trovata e ancora si trova, a dover fare i conti con un sistema lavorativo malato e contorto dove la meritocrazia non é nemmeno lontanamente  contemplata.
E' un libro che lascia il segno perché nella sua velata ironia é in realtà racchiusa tutta la rabbia, la disperazione e l'aspettativa futura di un intero universo, quello giovanile moderno.
A seguito della lettura di questo romanzo, nel quale mi sono rispecchiata un'infinità di volte, non ho potuto resistere alla tentazione di fare qualche domanda all'autrice, Sara Root classe '81- per capire meglio come è nata questa straordinaria idea.

Cominciamo con una domanda che forse potrà sembrare un po' ovvia ma nella quale ripongo molto interesse..
  • Come è nata l'idea di scrivere questo libro? O meglio, al di là delle singole esperienze, c'è stato un qualche episodio in particolare che ti ha dato il "LA'" per prendere questa decisione? 
In verità più che un'idea è stata la naturale risposta ad un bisogno. Ero disperata, mi sentivo sola e necessitavo di metabolizzare, assimilare e risolvere il tutto. Dato che il mio metodo fin da quando sono bambina per farlo è scrivere, ho iniziato a mettere nero su bianco tutte le cose che mi erano successe fino a quel momento. Direi che è non c'è stato un episodio chiave, piuttosto il sommarsi di tutti quanti.
  • Quali sono state le principali problematiche che, durante il percorso di scrittura, si sono presentate e come sei riuscita a superarle?                                                                                 
 Forse l'unica problematica è stata mantenere il giusto equilibrio tra la tristezza e l'ironia. Istintivamente e “a caldo” gestire le emozioni scrivendo non è sempre facile.
  • C'è voluto molto tempo per scrivere questo libro o ti è venuto, come dire, "di getto"?    
L'ho scritto tutto di getto in un mese e mezzo.
  • So bene che la precarietà é una situazione molto difficile da più punti di vista. Da una parte ci si sente vulnerabili perché si é in balia di condizioni lavorative spesso degradanti e, se l'alternativa è la disoccupazione, anche"obbligate"; dall'altra, non essendo in alcun modo tutelato e protetto, talvolta la paura è proprio quella di "scoprirsi"denunciando episodi spesso al limite della legalità e della schiavitù. A questo proposito ti chiedo...tu hai mai provato questa paura?                                                                                         
Inizialmente sono stata anche io vittima di questa paura poi ho capito che così non avrei mai cambiato nulla e che anzi, avrei solo alimentato un sistema sbagliato e incostituzionale. Il coraggio per una reazione è nato proprio da questa presa di coscienza.
  • Qual' è il messaggio che volevi comunicare uscendo allo scoperto e raccontando al mondo le tue esperienze?                                                                                                                  
Volevo illustrare uno spaccato vero e concreto di quest' Italia. Non tutti se ne sono resi conto. L'ignoranza è la peggior cosa. Speravo di riuscire ad arrivare anche ai tanti giovani che come me stavano (e stanno) vivendo queste situazioni, per farli sentire meno soli, meno sbagliati.
  • Avresti immaginato di avere il successo che poi hai ottenuto?                               
Assolutamente no. La mia vittoria più grande è stata proprio la risposta delle persone. Conoscerle, incontrarle e sapere che il mio libro in qualche modo è utile o è anche solo riuscito a regalare ore di spensieratezza e riflessione. è una cosa che ogni giorno mi onora e mi emoziona.
  •  Sei stata contattata da coloro che hanno letto il tuo libro, e se sì, quali reazioni hai riscontrato?                                                                                                                               
Mi hanno scritto tantissime persone. Giovani e non. Mi hanno ringraziata, raccontandomi le loro storie. Come dicevo prima, questa è la mia vittoria più grande.
  • Ora vorrei entrare un po' nello specifico dei contenuti di Aria Precaria....Nel leggere alcuni degli episodi che racconti, emergono più volte, oltre alle problematiche meramente lavorative, anche quelle legata al genere. Ecco quindi che non mancano proposte indecenti e soprattutto osservazioni, come dire "sessualmente" connotate da parte di alcuni datori di lavoro.                                                                                                    

  • Confermi anche te quindi che, seppure nel 2013, quello che affiora è un quadro lavorativo ancora molto iniquo nei confronti delle donne, tanto più se giovani e quindi doppiamente ostacolate?                                                                                                                    
Assolutamente sì. La cosa più triste è che le lotte del '69 sembrano già essere troppo lontane. Lavorativamente parlando, purtroppo in Italia, la mentalità nei riguardi delle donne è ancora troppo spesso ancorata al primo dopo guerra.
  • L'altro tema che emerge dal tuo libro, in modo dolorosamente concreto, è quello del lavoro in nero, "modus operandi" che purtroppo ancora rimane molto radicato nel nostro paese e che anzi, negli ultimi tempi, sta vedendo addirittura un'ascesa. Come spieghi questa retrocessione?                                                                                                                  
E' un discorso molto delicato. Le leggi italiane non tutelano né i lavoratori né i datori di lavoro. Spesso ci si trova costretti a dover offrire (e accettare) lavori in nero altrimenti troppo tassati. Si finisce così in un circolo vizioso e pericoloso in cui nessuna parte viene tutelata. Ovviamente poi, ci sono i datori di lavoro che ne approfittano, ma quelli va da se, ci sono sempre.
  • L'altra problematica che si evince leggendo la tua storia è quanto l'instabilità lavorativa ed economica possa influenzare la vita privata, sia famigliare che di coppia. In rapporto ai periodi  segnati dalla ricerca instancabile di lavoro infatti si legge: « Mi sentivo inutile, una parassita, costretta a dipendere dalle persone che mi amavano anche solo per un caffè al bar(...)Pulivo e ripulivo casa cercando di placare così ogni senso di colpa....» (pag 85)
Ecco, quello che mi chiedevo é se, forte della tua esperienza come donna e come giovane moglie, potessi dare una piccola "ricetta della felicità" (o se preferisci della "sopravvivenza":-)) a quanti stanno attraversando proprio lo stato d'animo che descrivi egregiamente in queste righe. In questi casi non é affatto facile riuscire a non lasciarsi prendere dallo sconforto, influenzando così anche la felicità che unisce due persone che si amano
                                                                                                                                      
Purtroppo la ricetta per la felicità non l'ho ancora trovata. L'unica cosa che mi sento di consigliare è quella di non arrendersi. Di denunciare, di lottare, di parlare, confrontandosi e chiedendo aiuto. Il silenzio e l'isolamento (reazioni spontanee in questo tipo di situazioni) non portano a niente.
  • Infine, ti vorrei chiedere solo qualche parola sulle politiche finora adottate per il lavoro. Pensi che in questi ultimi anni, e in particolare, con la recentissima riforma sul lavoro si siano fatti dei passi avanti o, al contrario, ritieni, che anche in questo caso si possa parlare di una sorta di "retrocessione" sui diritti? Hai delle proposte di miglioramento o delle speranze?                                                                                                                                 
Non solo siamo retrocessi ma continuiamo a farlo. La miriade di tipologie contrattuali, la poca capacità di tutelare i lavoratori e la totale assenza di forza da parte dei sindacati sono solo alcune delle cose che in Italia alimentano questa piaga. Non sono un'economista e non mi sento in grado di poter suggerire soluzioni. La conseguenza alla mancanza di un posto fisso è l'ingestibilità di una situazione quotidiana massacrante che rende la vita (e la crescita) individuale davvero impossibile.                    

 Se poi vogliamo dire che il posto fisso non esiste più e che la nuova società è mobile e in continuo cambiamento, allora devono essere date altre possibilità. Un esempio? La possibilità di chiedere un mutuo anche con un contratto a tempo determinato. Troppo rischioso? Certo. La possibilità alla maternità o alla paternità, al sussidio di disoccupazione tra un contratto e l'altro e via dicendo. Secondo il mio modesto parere è troppo comodo lanciare il sasso nascondendo la mano. I problemi legislativi ci sono e sono evidenti, sarebbe ora di fare qualcosa al riguardo.   
  • E' tutto! ti saluto e ti ringrazio moltissimo per la collaborazione! A presto!              
Grazie mille a te! E' stato davvero un piacere!

2 commenti:

  1. mi hai incuriosito, cercherò il libro in biblio!!
    PS mi sa che è periodo di interviste agli autori, guarda sul mio blog ;-)

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  2. Ciao Auryn! Ci guardo subito! Grazie dell'info! Si ti consiglio proprio di leggere il libro, è amaro ed esilarante allo stesso tempo:-), io l'ho divorato in un giorno....

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